Giornata mondiale del rifugiato 2018: Lettera da Roma a Birmingham, 1963
Storie e Notizie N. 1585
Caro Martin Luther King*,
da un trascurabile mittente a un esempio fattosi mito, da un tempo all’altro così apparentemente differenti, da una nazione all’altra così sorprendentemente simili, da una discriminazione all’altra così inconsapevolmente identiche, da una libertà, infine, quanto mai sottovalutata a una prigionia quanto mai ingiusta.
Cinquantacinque anni altresì ci dividono, ma ieri come oggi, ogni tipo di attività che miri concretamente a essere dalla parte non solo degli ultimi del mondo in cui si viva, ma anche coloro i quali non ti faranno guadagnare facilmente il plauso di amici e parenti e tantomeno punti percentuali nella tua carriera politica o di qualsivoglia campo, non è impresa facile.
Eppure, oggi, come ieri, regna l’ingiustizia.
E altrettanto oggi, come ieri, non si può rimanere oziosamente seduti e non essere preoccupati per ciò che accade nel proprio paese.
Avevi ragione allora, e l’hai ancora di più in questo difficile momento: ogni cosa che tocchi uno direttamente tocca tutti indirettamente.
Nondimeno, anche dalle nostre parti si levano puntuali le voci che al contrario mostrano inquietudine innanzi alle manifestazioni troppo coerenti e alle marce eccessivamente esuberanti, ma la tua replica di allora alla generale apatia diviene ulteriormente ragionevole decenni avanti.
Proponevi un’azione efficace, seppur non violenta, capace di causare tensione in una società fin troppo lontana dal confrontarsi con il problema.
Ebbene, se nonostante il sacrificio tuo e di molti altri come te, ancora adesso assistiamo al ritorno non solo di slogan, ma addirittura di governi fondati sul razzismo e l’intolleranza, vuol dire che dobbiamo fare infinitamente di più per drammatizzare l’iniqua realtà per troppi tra i nostri simili.
Dicesti di non aver paura della tensione del mondo, esortando i tuoi contemporanei a far lo stesso.
Ebbene, non hai idea di quanto coraggio si debba alimentare, nutrire e diffondere oggigiorno nella terra in cui vivo.
Oggi come allora, già, esatto.
Allora, come occorre oggi, ascoltavi e respingevi senza se e senza ma gli inevitabili inviti ad attendere le amministrative risposte, ossessivamente legate al momento del voto come unica soluzione ai mali di questo tempo.
La debolezza di tale assunto echeggia ancor più che dalle tue stesse parole, dal vissuto di ogni protagonista o semplice comparsa del movimento per i diritti civili.
In altre parole, un ineludibile principio connaturato alla nostra stessa specie, si legga pure come di rado i gruppi privilegiati rinunciano volontariamente ai loro privilegi. La libertà non è mai data volontariamente dall’oppressore, deve essere chiesta dall’oppresso.
Per anni i discriminati di allora, per anni quelli di oggi hanno udito la parola che si scrive aspetta, ma si legge mai, come giustizia ritardata, equivale a giustizia negata.
E se in questo passaggio, come sarà capitato a te, allora, qualcuno osasse tirare in ballo documenti e regolamenti, normative e carte bollate, in breve, i tanto manipolati diritti e doveri dei cittadini doc, chi ha ancora coscienza e onesta intellettuale pressoché integre non può evitare di riconoscere che esistano leggi giuste e ingiuste. E che la tua citazione di Tommaso D’Aquino è più che mai valida oggi: Ogni legge che innalzi la personalità umana è giusta. Ogni legge che degradi la personalità umana è ingiusta.
Come ricordasti, non dovremmo mai dimenticare che ogni disumana azione che Adolf Hitler fece in Germania fu legale.
E cosa c’è di più degradante e ingiusto del definire un essere umano un clandestino?
Se tutto ciò non bastasse, l’analisi che maggiormente condivido nella tua preziosa missiva riguarda i cosiddetti moderati.
Quanto è tristemente vero il tuo ragionamento, quanto lo è amaramente anche qui, adesso.
Come tu scrivesti riguardo al Ku Klux Klan, anche io sono persuaso che il maggior ostacolo per i rifugiati, i migranti in genere, o semplicemente umani, nel loro cammino verso una dignitosa libertà non siano i leghisti, i movimenti complici, o generalizzando i nuovi fascisti, ma i moderati, i quali si dimostrano più affezionati all’ordine che alla giustizia.
Quelli che definisti i difensori di una pace negativa, inguaribile assenza di tensione, invece che perseguitori di una pace positiva, con l’irrinunciabile presenza di una giustizia che valga per tutti.
Il più grande errore di costoro, come giustamente affermasti, è vivere con un concetto mitico del tempo, consigliando le creature sofferenti di aver pazienza, nell’attesa di un orizzonte migliore.
Il tempo per alzarsi dalla poltrona e scendere in piazza per restarci a oltranza era ieri.
Questo ci dovrebbe far capire una volta per tutte.
Quanto lo sia oggi.
*Martin Luther King scrisse la sua famosa lettera nel 1963, mentre si trovava rinchiuso in una cella di Birmingham, arrestato per aver partecipato a una manifestazione.
Compra il mio ultimo libro, Carla senza di Noi
Leggi anche il racconto: Comunità di recupero
Compra il primo Ebook della trilogia horror Il medico dei mostri: Il viaggio di Mercurio
Leggi altre storie di immigrati
Ascoltami cantare con la band
Caro Martin Luther King*,
da un trascurabile mittente a un esempio fattosi mito, da un tempo all’altro così apparentemente differenti, da una nazione all’altra così sorprendentemente simili, da una discriminazione all’altra così inconsapevolmente identiche, da una libertà, infine, quanto mai sottovalutata a una prigionia quanto mai ingiusta.
Cinquantacinque anni altresì ci dividono, ma ieri come oggi, ogni tipo di attività che miri concretamente a essere dalla parte non solo degli ultimi del mondo in cui si viva, ma anche coloro i quali non ti faranno guadagnare facilmente il plauso di amici e parenti e tantomeno punti percentuali nella tua carriera politica o di qualsivoglia campo, non è impresa facile.
E altrettanto oggi, come ieri, non si può rimanere oziosamente seduti e non essere preoccupati per ciò che accade nel proprio paese.
Avevi ragione allora, e l’hai ancora di più in questo difficile momento: ogni cosa che tocchi uno direttamente tocca tutti indirettamente.
Nondimeno, anche dalle nostre parti si levano puntuali le voci che al contrario mostrano inquietudine innanzi alle manifestazioni troppo coerenti e alle marce eccessivamente esuberanti, ma la tua replica di allora alla generale apatia diviene ulteriormente ragionevole decenni avanti.
Proponevi un’azione efficace, seppur non violenta, capace di causare tensione in una società fin troppo lontana dal confrontarsi con il problema.
Ebbene, se nonostante il sacrificio tuo e di molti altri come te, ancora adesso assistiamo al ritorno non solo di slogan, ma addirittura di governi fondati sul razzismo e l’intolleranza, vuol dire che dobbiamo fare infinitamente di più per drammatizzare l’iniqua realtà per troppi tra i nostri simili.
Dicesti di non aver paura della tensione del mondo, esortando i tuoi contemporanei a far lo stesso.
Ebbene, non hai idea di quanto coraggio si debba alimentare, nutrire e diffondere oggigiorno nella terra in cui vivo.
Oggi come allora, già, esatto.
Allora, come occorre oggi, ascoltavi e respingevi senza se e senza ma gli inevitabili inviti ad attendere le amministrative risposte, ossessivamente legate al momento del voto come unica soluzione ai mali di questo tempo.
La debolezza di tale assunto echeggia ancor più che dalle tue stesse parole, dal vissuto di ogni protagonista o semplice comparsa del movimento per i diritti civili.
In altre parole, un ineludibile principio connaturato alla nostra stessa specie, si legga pure come di rado i gruppi privilegiati rinunciano volontariamente ai loro privilegi. La libertà non è mai data volontariamente dall’oppressore, deve essere chiesta dall’oppresso.
Per anni i discriminati di allora, per anni quelli di oggi hanno udito la parola che si scrive aspetta, ma si legge mai, come giustizia ritardata, equivale a giustizia negata.
E se in questo passaggio, come sarà capitato a te, allora, qualcuno osasse tirare in ballo documenti e regolamenti, normative e carte bollate, in breve, i tanto manipolati diritti e doveri dei cittadini doc, chi ha ancora coscienza e onesta intellettuale pressoché integre non può evitare di riconoscere che esistano leggi giuste e ingiuste. E che la tua citazione di Tommaso D’Aquino è più che mai valida oggi: Ogni legge che innalzi la personalità umana è giusta. Ogni legge che degradi la personalità umana è ingiusta.
Come ricordasti, non dovremmo mai dimenticare che ogni disumana azione che Adolf Hitler fece in Germania fu legale.
E cosa c’è di più degradante e ingiusto del definire un essere umano un clandestino?
Se tutto ciò non bastasse, l’analisi che maggiormente condivido nella tua preziosa missiva riguarda i cosiddetti moderati.
Quanto è tristemente vero il tuo ragionamento, quanto lo è amaramente anche qui, adesso.
Come tu scrivesti riguardo al Ku Klux Klan, anche io sono persuaso che il maggior ostacolo per i rifugiati, i migranti in genere, o semplicemente umani, nel loro cammino verso una dignitosa libertà non siano i leghisti, i movimenti complici, o generalizzando i nuovi fascisti, ma i moderati, i quali si dimostrano più affezionati all’ordine che alla giustizia.
Quelli che definisti i difensori di una pace negativa, inguaribile assenza di tensione, invece che perseguitori di una pace positiva, con l’irrinunciabile presenza di una giustizia che valga per tutti.
Il più grande errore di costoro, come giustamente affermasti, è vivere con un concetto mitico del tempo, consigliando le creature sofferenti di aver pazienza, nell’attesa di un orizzonte migliore.
Il tempo per alzarsi dalla poltrona e scendere in piazza per restarci a oltranza era ieri.
Questo ci dovrebbe far capire una volta per tutte.
Quanto lo sia oggi.
*Martin Luther King scrisse la sua famosa lettera nel 1963, mentre si trovava rinchiuso in una cella di Birmingham, arrestato per aver partecipato a una manifestazione.
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