Quando i canguri si incazzano

Storie e Notizie N. 1572

Lo dicevate delle formiche, sì.
Che nel loro piccolo, pure queste ultime si inalberano.
E’ un fenomeno inevitabile quanto non trascurabile, la perdita delle staffe, sapete? Come la glaciazione e il tramonto.
Riguarda tutti, umani e noi, creature viventi e ogni sottovalutato, apparentemente inerte, frammento di madre terra, che tutti ospita.
Che tutti tollera.


Ciò nonostante, c’è un ma, ovvero un congenito limite, punto di ebollizione di una seppur ferrea pazienza.
E non si dica che noi altri, ambiguamente definite bestie, non ne abbiamo avuta sino a ora.
Spesso e volentieri confusa per banale remissività, così come accade da tempo immemore alla nostra, comune propensione a rispettare senza discutere l’armonia della naturale costituzione.
Codice sorgente del quale, fino a prova contraria, ne siete parte anche voi altri.
Non ci nascondiamo dietro un artiglio, in questa sede e occasione, e vi confessiamo che iniziamo ad avere seri dubbi in proposito.
Non ne abbiamo ancora fatta pubblica rivendicazione, poiché non sarebbe altro che un clamoroso assist a quei complottisti dei criceti, tra i più ferventi sostenitori delle origini aliene del sadico bipede dagli occhi cattivi.
Esatto, vi chiamano così, ma cercate di capirli. Dopo generazioni intere in quelle maledette gabbiette a correre sulla ruota il risentimento cresce a ogni giro di quest’ultima.
Nondimeno, abbiamo fin qui seguito pedissequamente le norme suggerite da sua maestà l’istinto, assecondando ogni vezzo della vostra folle, crociata umanizzante del regno vivente.
Se questo è ciò che natura chiede, a essa ci affidiamo con devozione, ci siamo detti, di fronte alla dedizione nel trasformare pianeta e contenuto a vostra immagine e somiglianza.
Quanto siam cambiati, sino a oggi.
Per esser come voi, ci avete fatte combattere l’un l’altro senza una ragione valida.
E ci avete obbligati a migrare dalla nostra terra d’origine contro la nostra stessa volontà, ma voi leggete pure scappare.
Ci avete insegnato a non aver più fiducia nella coerenza del sole e della pioggia, del vento e del freddo.
E ci avete fatto conoscere la paradossale solitudine in mezzo al branco.
Ci avete fatto abituare a vivere in cattività.
E ci avete trasmesso la paura di liberarsi da essa.
Ci avete spinto a diffidare delle altre specie, non solo la vostra.
E ci avete indotto a dimenticare che un tempo ce n’erano molte di più.
Ci avete fatto adattare anche al male, non solo alla natura in sé.
E ci avete convinto che non vi sia differenza tra i due.
Ci avete fatto considerare l’acqua non più come un dono, bensì come un bene da difendere.
E non mancherà molto che faremo lo stesso anche con l’aria.
La terra e tutto quel che condividiamo.
Per non esser più come noi.
Ciò malgrado, per sfortuna o buona sorte, esiste una soglia di rottura per tutti.
E’ indubbio che ci stiate rendendo più simili a voi di quanto lo siamo mai stati, ma era solo questione di tempo, dopo averci fatto pure mangiare la spazzatura, che qualcuno di noi si arrabbiasse e ve le suonasse di santa ragione…



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