Arrivederci in una foto
Storie e Notizie N. 1566
Era il 1985.
A Beirut, tra guerra e guerra.
Civile e incivile, tollerata e intollerabile, lontana e più che mai vicina.
Perché questo è ciò porta in dote l’uomo contro l’uomo.
Confonde gli opposti tra loro, nella violenta mischia di odio e sangue.
Sullo sfondo, Samar, nella veridicità del bianco e
il nero, contrasti del passato e, malgrado l’illusione del colore, tali anche oggi.
Con la donna, una bimba.
Con lei, un sguardo intriso di dignità e fierezza, malgrado le ferite.
Con entrambe, le ombre del massacro ancora calde.
Malgrado la gamba sinistra prematuramente cancellata dal peggior editor del mondo.
L’ottusa guerra, già, ancora lei, sempre lei.
Dall’altro lato dell’obiettivo, Maher.
Un ladro di immagini, ma di quelli buoni.
Una versione atipica di Robin Hood, che ruba memoria laddove si faccia di tutto per disintegrarla, per poi donarla ai posteri.
Affinché vedano l’indomani ciò che ieri è transitato invano sotto gli occhi dei protagonisti.
Difatti, il lanciatore di ricordi in bottiglia tra le onde del futuro venne bloccato subito dopo essersi impadronito di quel prezioso ritaglio di storia vissuta.
Tutto stava per essere perduto, allorché Samar in persona si fece largo.
Lasciate che prenda questo mio momento.
Lasciate che sopravviva a questo tempo.
Lasciatelo andare.
Il significativo ritratto trovò la giusta via per le stanze che contano e la donna con la bambina tra le macerie di Beirut divenne prima pagina sul New York Times.
Negli anni seguenti, altra carta fu venduta e bruciata.
Altri futuri trucidati, altre occasioni sprecate.
Nondimeno, il cammino dei piccoli proseguì tra valigie di cartone e cartoni a forma di valigia, tra presenti senza futuro e futuri senza passato, tra cittadini mutati in rifugiati e rifugi senza una città come casa.
Perché è questo che fa la faida tra umano e umano, qualora si ripeta stoltamente, più e più volte.
Trasforma le cose, le cambia nome, ma ogni qual volta le osservi con attenzione, rivedi sempre lo stesso volto di chi voleva solo camminare senza paura.
E’ il 2018.
Trentatré anni dopo, ancora in Libano, a Beirut.
Nel mezzo del disegno, c’è ancora lei, Samar.
Con lei, Maher, il trafugatore di souvenir viventi. Con lui, la promessa mantenuta, quella di non dimenticare e, soprattutto, non far dimenticare.
Con entrambi, le difficili esistenze di popoli interi che si perdono e si ritrovano tra le immagini e le parole che restano.
Insieme alla speranza per tutti i frammenti che tutt’ora vengono strappati via dal cuore del mondo nato senza camicia di riabbracciarsi, non importa dove, magari in una foto.
Perché, come ha confidato Samar a Maher, a volte mi siedo in balcone e penso, e comincio a piangere. Poi mi rammento di esser fortunata a essere viva e torno a essere paziente…
Compra il mio ultimo libro, Carla senza di Noi
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Ascoltami cantare con la band
Guarda un estratto dello spettacolo Carla senza di Noi
Era il 1985.
A Beirut, tra guerra e guerra.
Civile e incivile, tollerata e intollerabile, lontana e più che mai vicina.
Perché questo è ciò porta in dote l’uomo contro l’uomo.
Confonde gli opposti tra loro, nella violenta mischia di odio e sangue.
Sullo sfondo, Samar, nella veridicità del bianco e
Con la donna, una bimba.
Con lei, un sguardo intriso di dignità e fierezza, malgrado le ferite.
Con entrambe, le ombre del massacro ancora calde.
Malgrado la gamba sinistra prematuramente cancellata dal peggior editor del mondo.
L’ottusa guerra, già, ancora lei, sempre lei.
Un ladro di immagini, ma di quelli buoni.
Una versione atipica di Robin Hood, che ruba memoria laddove si faccia di tutto per disintegrarla, per poi donarla ai posteri.
Affinché vedano l’indomani ciò che ieri è transitato invano sotto gli occhi dei protagonisti.
Difatti, il lanciatore di ricordi in bottiglia tra le onde del futuro venne bloccato subito dopo essersi impadronito di quel prezioso ritaglio di storia vissuta.
Tutto stava per essere perduto, allorché Samar in persona si fece largo.
Lasciate che prenda questo mio momento.
Lasciate che sopravviva a questo tempo.
Lasciatelo andare.
Il significativo ritratto trovò la giusta via per le stanze che contano e la donna con la bambina tra le macerie di Beirut divenne prima pagina sul New York Times.
Negli anni seguenti, altra carta fu venduta e bruciata.
Altri futuri trucidati, altre occasioni sprecate.
Nondimeno, il cammino dei piccoli proseguì tra valigie di cartone e cartoni a forma di valigia, tra presenti senza futuro e futuri senza passato, tra cittadini mutati in rifugiati e rifugi senza una città come casa.
Perché è questo che fa la faida tra umano e umano, qualora si ripeta stoltamente, più e più volte.
Trasforma le cose, le cambia nome, ma ogni qual volta le osservi con attenzione, rivedi sempre lo stesso volto di chi voleva solo camminare senza paura.
Trentatré anni dopo, ancora in Libano, a Beirut.
Nel mezzo del disegno, c’è ancora lei, Samar.
Con lei, Maher, il trafugatore di souvenir viventi. Con lui, la promessa mantenuta, quella di non dimenticare e, soprattutto, non far dimenticare.
Con entrambi, le difficili esistenze di popoli interi che si perdono e si ritrovano tra le immagini e le parole che restano.
Perché, come ha confidato Samar a Maher, a volte mi siedo in balcone e penso, e comincio a piangere. Poi mi rammento di esser fortunata a essere viva e torno a essere paziente…
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