Storie sulla fame nel mondo da nascondere
Storie e Notizie N. 1486
Secondo l'ONU, il Sud Sudan, che ha ottenuto l'indipendenza dal Sudan nel 2011, si trova di fronte al suo "più alto livello di insicurezza alimentare". Circa 7.5 milioni di persone, quasi due terzi della popolazione, hanno bisogno di assistenza umanitaria. In alcune aree, la metà degli abitanti è malnutrita.
"Ho seppellito la mia bambina più piccola sotto un cespuglio", ha dichiarato Mary Cholil che ha cercato cibo e riparo dopo che il suo villaggio è stato bruciato, parlando della figlia defunta di tre anni.
Svelto.
Devo esser svelto, prima che sia troppo tardi.
Prima che la cosa si abitui e decida di restare.
La cosa, già, non devo darle un nome, altrimenti diviene familiare, vicina, mia.
Non me lo posso permettere, non ora, non io.
E cosa posso fare, io?
Eccola, la guardo solo per un istante, con sentimenti e pensieri rigorosamente a tempo determinato.
Una donna che seppellisce una creatura di soli tre anni, la sua, sotto un cespuglio.
Fatto.
Adesso, velocemente, prendo l’immagine e la nascondo.
Dove? Dove, cavolo?
Ah, lì, là sotto, c’è un mucchio di cose come questa, in quell’angolo della memoria che prima o poi svuoterò da qualche parte.
Bene, sotto a tutto, perfetto, a posto così.
Un momento…
No, come al solito, ho fatto questo errore!
Ma perché ci casco sempre?
Adesso c’è un’altra immagine a tormentarmi.
Io, ci sono io, con in mano la foto incriminata ed evocata dall’abituale orrenda notizia, mentre mi impegno a occultarla dove potrò più facilmente dimenticarla.
Rapido, devo essere rapido.
Ormai dovrei esser bravo a far tutto con estrema celerità.
Prendo la compromettente immagine che raffigura il sottoscritto, il quale seppellisce quella della madre che fa lo stesso con la figlia senza vita, per farle entrambe sparire.
Dove?
Ma sempre lì, laggiù, nel lato cieco della comune coscienza collettiva che, come un social network di ignavi profili, ci dice dove guardare e cosa censurare.
…
Oh, caspita… ma sono impazzito?
E’ un incubo, è letteralmente un incubo, ciò di cui sto scrivendo e che vorrei disperatamente depennare dai miei più recenti ricordi.
Sì, perché sono finito nell’ennesimo, paradossale loop morale.
Mi basta chiudere gli occhi e vedere la cosa, che diventa sempre più grande e intollerabile.
La scena in cui, illuso di non esser visto, mi accingo a eliminare dal mio personale orizzonte l’immagine dove tento di far lo stesso con quella nella quale mi sono macchiato del peccato originale tra le fughe dalla realtà.
Ovvero, nascondere in tempo reale, confondere me, distrarre il sottoscritto laddove si illuda di tener lontano il lato scomodo dello schermo dagli occhi e il cuore.
Svelto, devo esser svelto a raggiungere il punto.
Devo uscire da questa pagina maledetta al più presto.
Dove tu, donna e madre che seppellisci vita, ci guardi.
E vedi tutto...
Compra il mio ultimo libro, Tramonto, la favola del figlio di Buio e Luce
Leggi anche il racconto della settimana: Il mondo attraverso gli occhi
Leggi altre storie sulla fame nel mondo
Ascolta la mia canzone La libertà
Guarda un estratto del mio ultimo spettacolo Curami
Secondo l'ONU, il Sud Sudan, che ha ottenuto l'indipendenza dal Sudan nel 2011, si trova di fronte al suo "più alto livello di insicurezza alimentare". Circa 7.5 milioni di persone, quasi due terzi della popolazione, hanno bisogno di assistenza umanitaria. In alcune aree, la metà degli abitanti è malnutrita.
"Ho seppellito la mia bambina più piccola sotto un cespuglio", ha dichiarato Mary Cholil che ha cercato cibo e riparo dopo che il suo villaggio è stato bruciato, parlando della figlia defunta di tre anni.
Svelto.
Devo esser svelto, prima che sia troppo tardi.
Prima che la cosa si abitui e decida di restare.
La cosa, già, non devo darle un nome, altrimenti diviene familiare, vicina, mia.
Non me lo posso permettere, non ora, non io.
E cosa posso fare, io?
Eccola, la guardo solo per un istante, con sentimenti e pensieri rigorosamente a tempo determinato.
Una donna che seppellisce una creatura di soli tre anni, la sua, sotto un cespuglio.
Fatto.
Dove? Dove, cavolo?
Ah, lì, là sotto, c’è un mucchio di cose come questa, in quell’angolo della memoria che prima o poi svuoterò da qualche parte.
Bene, sotto a tutto, perfetto, a posto così.
Un momento…
No, come al solito, ho fatto questo errore!
Ma perché ci casco sempre?
Adesso c’è un’altra immagine a tormentarmi.
Io, ci sono io, con in mano la foto incriminata ed evocata dall’abituale orrenda notizia, mentre mi impegno a occultarla dove potrò più facilmente dimenticarla.
Rapido, devo essere rapido.
Ormai dovrei esser bravo a far tutto con estrema celerità.
Prendo la compromettente immagine che raffigura il sottoscritto, il quale seppellisce quella della madre che fa lo stesso con la figlia senza vita, per farle entrambe sparire.
Dove?
Ma sempre lì, laggiù, nel lato cieco della comune coscienza collettiva che, come un social network di ignavi profili, ci dice dove guardare e cosa censurare.
…
Oh, caspita… ma sono impazzito?
E’ un incubo, è letteralmente un incubo, ciò di cui sto scrivendo e che vorrei disperatamente depennare dai miei più recenti ricordi.
Sì, perché sono finito nell’ennesimo, paradossale loop morale.
Mi basta chiudere gli occhi e vedere la cosa, che diventa sempre più grande e intollerabile.
La scena in cui, illuso di non esser visto, mi accingo a eliminare dal mio personale orizzonte l’immagine dove tento di far lo stesso con quella nella quale mi sono macchiato del peccato originale tra le fughe dalla realtà.
Ovvero, nascondere in tempo reale, confondere me, distrarre il sottoscritto laddove si illuda di tener lontano il lato scomodo dello schermo dagli occhi e il cuore.
Svelto, devo esser svelto a raggiungere il punto.
Devo uscire da questa pagina maledetta al più presto.
Dove tu, donna e madre che seppellisci vita, ci guardi.
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