Storie di bambini: Hildur e Souley
Storie e Notizie N. 1478
Secondo un recente rapporto di Save The Children, Infanzia rubata, un bambino su 6 non riceve un’istruzione, 168 milioni sono costretti a lavorare e ogni giorno più di 16.000 al di sotto di 5 anni muoiono a causa di malattie che sarebbero curabili con facilità.
Inoltre, la classifica della qualità della vita per i minori indica quale paese migliore la Norvegia, mentre all’ultimo posto si trova il Niger, dove i bambini sono continuamente a rischio di perdere la vita.
Norvegia e Niger, i due estremi di una candela che brucia solo da un lato, ma stavolta è quello in basso, la porzione capovolta, nascosta, dove di rado si guarda…
Hildur ha cinque anni.
Souley anche.
Hildur è un bambino.
Souley pure, ma tu guarda la vita com’è strana.
Quasi quanto le storie, no?
Hildur chiude gli occhi e sogna cose.
Souley sogna, punto.
Hildur guarda il suo continente dal nord, ovvero dall’alto.
Souley guarda il mondo né dal sud e tantomeno dal basso.
Perché il suo è tutto lì, innanzi a lui, a portata d’occhi e speranze, per quanto ingenue.
Hildur gioca.
Souley gioca.
Oh, se potessimo fermarci qui, grazie a una propizia quanto magnanima velocità della luce che solo ai racconti congelanti, o ai ladri di perfezioni a tempo, riesce.
Non sarebbe tutto più facile?
Hildur crescerà, al netto di una congenita buona sorte.
Souley, al netto di una fortuna di rara fattura, potrebbe arrivare all’anno seguente.
Ma incrociamo le dita e tocchiamo ferro o legno, a seconda del meridiano dal quale esploriamo le loro vite.
Hildur potrà diventare chiunque.
Souley è già uno tra i molti, troppi chiunque che tali rimarranno. Come volti senza nome sull’ennesima foto strappalacrime e donazioni.
Tuttavia, mettiamo il caso che la narrazione comune dei nostri trovi la medesima accoglienza da parte del fato, perlomeno in materia di spazio.
Vediamoli, allora, i due sentieri dipanarsi sulla via per l’orizzonte che tutti attende.
Hildur è un uomo, laggiù.
Idem per Souley, malgrado un occhio accecato dai venditori di confini potrebbe travisar per altro.
Hildur ha un destino, allora.
Lo stesso per Souley, ma diverso, anche se non è detto, giusto?
Altrimenti qual è il bello di viverla, questa spesso terribile, ma talvolta meravigliosa storia?
Chiudiamo gli occhi, or dunque, e immaginiamo quel futuro comune.
Dove Hildur rimpicciolisce sotto il peso di ingiustificate follie e paure e si sfrena invano di respingere indietro Souley, sino al suo gramo passato.
E dove, al contrario, è Souley a minare i placidi sonni di Hildur.
Perché anch’egli oberato dal medesimo, sciagurato bagaglio.
Di ingiustificate follie e paure.
Solleviamo le palpebre, ora, e torniamo di nuovo a osservarli per ciò che sono.
Hildur e Souley.
Due, o un sol destino che sia, non conta.
Perché il loro futuro, il nostro, l’unico possibile.
Sarà di entrambi.
O di nessuno.
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Leggi anche il racconto della settimana: Via d'uscita
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Inoltre, la classifica della qualità della vita per i minori indica quale paese migliore la Norvegia, mentre all’ultimo posto si trova il Niger, dove i bambini sono continuamente a rischio di perdere la vita.
Norvegia e Niger, i due estremi di una candela che brucia solo da un lato, ma stavolta è quello in basso, la porzione capovolta, nascosta, dove di rado si guarda…
Hildur ha cinque anni.
Souley anche.
Hildur è un bambino.
Souley pure, ma tu guarda la vita com’è strana.
Quasi quanto le storie, no?
Souley sogna, punto.
Hildur guarda il suo continente dal nord, ovvero dall’alto.
Souley guarda il mondo né dal sud e tantomeno dal basso.
Perché il suo è tutto lì, innanzi a lui, a portata d’occhi e speranze, per quanto ingenue.
Hildur gioca.
Souley gioca.
Oh, se potessimo fermarci qui, grazie a una propizia quanto magnanima velocità della luce che solo ai racconti congelanti, o ai ladri di perfezioni a tempo, riesce.
Non sarebbe tutto più facile?
Hildur crescerà, al netto di una congenita buona sorte.
Souley, al netto di una fortuna di rara fattura, potrebbe arrivare all’anno seguente.
Ma incrociamo le dita e tocchiamo ferro o legno, a seconda del meridiano dal quale esploriamo le loro vite.
Hildur potrà diventare chiunque.
Souley è già uno tra i molti, troppi chiunque che tali rimarranno. Come volti senza nome sull’ennesima foto strappalacrime e donazioni.
Tuttavia, mettiamo il caso che la narrazione comune dei nostri trovi la medesima accoglienza da parte del fato, perlomeno in materia di spazio.
Vediamoli, allora, i due sentieri dipanarsi sulla via per l’orizzonte che tutti attende.
Hildur è un uomo, laggiù.
Idem per Souley, malgrado un occhio accecato dai venditori di confini potrebbe travisar per altro.
Hildur ha un destino, allora.
Lo stesso per Souley, ma diverso, anche se non è detto, giusto?
Altrimenti qual è il bello di viverla, questa spesso terribile, ma talvolta meravigliosa storia?
Chiudiamo gli occhi, or dunque, e immaginiamo quel futuro comune.
Dove Hildur rimpicciolisce sotto il peso di ingiustificate follie e paure e si sfrena invano di respingere indietro Souley, sino al suo gramo passato.
E dove, al contrario, è Souley a minare i placidi sonni di Hildur.
Perché anch’egli oberato dal medesimo, sciagurato bagaglio.
Di ingiustificate follie e paure.
Solleviamo le palpebre, ora, e torniamo di nuovo a osservarli per ciò che sono.
Hildur e Souley.
Due, o un sol destino che sia, non conta.
Perché il loro futuro, il nostro, l’unico possibile.
Sarà di entrambi.
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