Storie sull’ambiente: non vogliamo aver ragione
Storie e Notizie N. 1469
Il Dakota Access Pipeline, l’oleodotto che è costato 3,8 miliardi di dollari e che ha suscitato proteste in tutto il mondo l'anno scorso, non è ancora pienamente operativo e ha già subito la prima perdita.
Esattamente quel che temevano in particolare i Sioux di Standing Rock, fra i primi a segnalare il rischio di contaminare e così devastare l’ambiente con eventuali incidenti.
Ora potrebbe andare in scena la solita, amara e frustrata litania dal titolo “L’avevo detto”.
Tuttavia, mi piace pensare che il popolo della terra, che a quest’ultima è orgoglioso di appartenere più di ogni altra cosa, non viva di amarezze e frustrazioni, in attesa di godere del futile privilegio di poter vantare funeste profezie.
Mi immagino al contrario una strenua, nobile e dignitosa lotta coerente con quest’ultima, sino alla fine che nessuno dovrebbe volere…
Non vogliamo aver ragione.
Non vogliamo poter dire, domani, che eravamo dalla parte del giusto.
Vorremmo, piuttosto, che tu e noi, insieme, potessimo dirlo, oggi e per sempre.
Non vogliamo aver ragione sull’assurdità di ogni scelta che possa in qualche modo trascurare la sopravvivenza delle vite che verranno.
Perché hanno già dimostrato di averla coloro che hanno combattuto, qualche volta vinto, ma spesso perso per la nostra.
Parte di ciò che abbiamo lo dobbiamo ai nostri antenati.
Quel che non è ci è stato ancora restituito.
Lo dobbiamo ai vostri.
Non vogliamo aver ragione sull’evidenza.
Sulla guerra che il padre sta facendo ai propri stessi figli.
Ai figli di questi ultimi e ogni discendenza a venire.
Perché dal momento che la mano violenta il gratuito dono vivente, il quale scorre e respira, che disegna i confini delle meraviglie su cui danziamo, la condanna è già scritta.
Lì, oltre le nuvole del tempo, si ode il monito delle medesime, future vittime, involontari giudici delle malefatte paterne.
Non vogliamo aver ragione, quindi, perché sarebbe come accettare il mesto destino.
Sarebbe come essere un po’ complici del cieco, folle divoratore di bellezze.
Ecco perché siamo scesi in guerra.
Ecco perché abbiamo dissotterrato l’ascia.
Ed ecco perché, malgrado siam come spettri fuggiti da un vecchio film in bianco e nero, dove i cattivi si vestivano da buoni e tutti gli altri erano truccati da cattivi, siamo ancora sul campo di battaglia.
Perché, come ora, anche oggi è in gioco l’unica cosa che abbiamo.
La vita.
La terra.
Forse è questo ciò che l’uomo bianco non riesce proprio a capire.
Che vita e terra.
Sono e saranno per sempre.
La stessa cosa.
Compra il mio ultimo libro, Tramonto, la favola del figlio di Buio e Luce
Leggi anche il racconto della settimana: Corrado il pazzo
Leggi altre storie sull'ambiente e articoli sull'ambiente
Ascolta la mia canzone La libertà
Guarda un estratto del mio ultimo spettacolo Curami
Il Dakota Access Pipeline, l’oleodotto che è costato 3,8 miliardi di dollari e che ha suscitato proteste in tutto il mondo l'anno scorso, non è ancora pienamente operativo e ha già subito la prima perdita.
Esattamente quel che temevano in particolare i Sioux di Standing Rock, fra i primi a segnalare il rischio di contaminare e così devastare l’ambiente con eventuali incidenti.
Ora potrebbe andare in scena la solita, amara e frustrata litania dal titolo “L’avevo detto”.
Tuttavia, mi piace pensare che il popolo della terra, che a quest’ultima è orgoglioso di appartenere più di ogni altra cosa, non viva di amarezze e frustrazioni, in attesa di godere del futile privilegio di poter vantare funeste profezie.
Mi immagino al contrario una strenua, nobile e dignitosa lotta coerente con quest’ultima, sino alla fine che nessuno dovrebbe volere…
Non vogliamo aver ragione.
Non vogliamo poter dire, domani, che eravamo dalla parte del giusto.
Non vogliamo aver ragione sull’assurdità di ogni scelta che possa in qualche modo trascurare la sopravvivenza delle vite che verranno.
Perché hanno già dimostrato di averla coloro che hanno combattuto, qualche volta vinto, ma spesso perso per la nostra.
Parte di ciò che abbiamo lo dobbiamo ai nostri antenati.
Quel che non è ci è stato ancora restituito.
Lo dobbiamo ai vostri.
Non vogliamo aver ragione sull’evidenza.
Sulla guerra che il padre sta facendo ai propri stessi figli.
Ai figli di questi ultimi e ogni discendenza a venire.
Perché dal momento che la mano violenta il gratuito dono vivente, il quale scorre e respira, che disegna i confini delle meraviglie su cui danziamo, la condanna è già scritta.
Lì, oltre le nuvole del tempo, si ode il monito delle medesime, future vittime, involontari giudici delle malefatte paterne.
Non vogliamo aver ragione, quindi, perché sarebbe come accettare il mesto destino.
Sarebbe come essere un po’ complici del cieco, folle divoratore di bellezze.
Ecco perché siamo scesi in guerra.
Ecco perché abbiamo dissotterrato l’ascia.
Ed ecco perché, malgrado siam come spettri fuggiti da un vecchio film in bianco e nero, dove i cattivi si vestivano da buoni e tutti gli altri erano truccati da cattivi, siamo ancora sul campo di battaglia.
Perché, come ora, anche oggi è in gioco l’unica cosa che abbiamo.
La vita.
La terra.
Forse è questo ciò che l’uomo bianco non riesce proprio a capire.
Che vita e terra.
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