Storie di immigrati: di mondi e confini
Storie e Notizie N. 1466
Quando Paradzai Nkomo ha chiesto asilo in Gran Bretagna la sua domanda fu rifiutata. E quando ha chiesto di tornare a casa, nello Zimbabwe, la sua domanda è stata respinta.
La sua assurda storia va avanti da quindici anni, ma forse da molto di più...
C’era una volta, all’inizio dei tempi, un mondo.
Il mondo era come una sfera.
Le sfere rotolano, cambiano posizione e orientamento, oscillano e rimbalzano.
Soprattutto laddove siano vive.
In quel caso danzano e vibrano, crescono e, prima o poi, muoiono.
Tuttavia, il suggestivo e continuo movimento che rendeva il mondo qualcosa che respiri e sogni, come tutte le cose viventi, raccontava storie e ne faceva vivere altrettante.
Definiva orizzonti e provocava incontri.
Più di ogni altra cosa generava viaggi, da un punto cardinale all’altro.
Nella maggior parte inevitabili, come la neve della palla di vetro, che non può fare a meno di cadere, qualora sua maestà la gravità lo esiga.
Cosicché, capitava sovente che gli abitanti di un lato del mondo precipitassero nell’altro e viceversa.
Il valzer proseguì più o meno serenamente, con picchi di crudeltà inaudita e rare sfumature di moderata empatia.
Finché qualcuno inventò l’illusione più grande che una creatura dalla pavida mente e il cuore ristretto possa immaginare.
Leggi pure come l’ennesimo tentativo di catturare un’onda con la rete da pesca.
In breve, il confine.
Da qui in poi la storia è nota.
Il mondo si divise in due, quindi tre, i tre mutarono in quattro, quest’ultimi ne aggiunsero un quinto e così via.
Tanti mondi, molti confini e altrettanti abitanti senza mondo, perennemente in viaggio.
Nel frattempo il mondo inziale, ovvero la sfera, continuava a sfrecciare lungo i sentieri concessi dalla mappa stellare.
E allora avvenne l’inaspettato.
Gli abitanti senza mondo, stanchi di esser respinti da tutti, cominciarono ad accettare l’unica alternativa possibile alla morte e iniziarono a vivere sui confini degli altri mondi.
Anche solo per avere un nome e una casa come gli altri.
Quale sorprendente conseguenza, i confini divennero mondi a tutti gli effetti.
E coloro che ci vivevano, gli abitanti dei confini.
Ma dato che, col tempo, sono più coloro i quali si dimostrano capaci di imparare le brutte abitudini che l’inverso, anche costoro decisero di coltivare illusioni.
E allora presero la sempre fertile quanto cieca matita che li crea e disegnarono anch’essi il loro sacro bordo, affinché i mondi chiamati confini ne avessero altrettanti.
Come risultato, il mondo originale si ritrovò frazionato in un numero ingente di altri mondi. Questi ultimi erano separati da confini, i quali erano a loro volta divenuti altrettanti mondi, divisi da ulteriori confini.
Tuttavia, anche gli abitanti senza confini si sentirono esclusi e, col passare degli anni, compresero di non avere altro luogo dove sopravvivere che i confini degli stessi confini che avevano creato gli abitanti senza mondo.
Non prima, però, di averli apostrofati in modo prevedibile: “Voi dovreste capire meglio di tutti le nostre esigenze…”
Nondimeno, è risaputo.
Come si imparano facilmente le brutte abitudini, con altrettanta agevolezza si dimenticano i brutti ricordi.
Ora, credo sia ormai evidente cosa accadde in seguito.
Col passare del tempo le cose si fecero dannatamente complicate.
Perché anche gli abitanti senza confini furono contagiati dall’illusione perfetta e decisero di marcare gli invalicabili contorni della propria terra come tutti i predecessori.
Di conseguenza, il mondo da dove tutto era partito fu suddiviso in moltissimi mondi, ognuno definito tale da un confine, che a sua volta era un mondo, distinto dagli altri da un ulteriore confine, ovvero un altro mondo, che era tale grazie a un confine, che qualcun altro chiamava mondo, e così via.
Al punto che ogni mondo era il confine di un altro e viceversa.
Se li vedessi dall’alto, tutto sarebbe più chiaro, adesso, come quando si arriva alla fine di una storia.
Miliardi di puntini che si respingono a vicenda, vittime dell’illusione di essere qualcosa di meglio di una sfera luminosa nel buio dell’universo.
C’erano una volta e, malgrado tutto, ci sono ancora.
Coloro che chiamiamo.
Gli esseri umani...
Compra il mio ultimo libro, Tramonto, la favola del figlio di Buio e Luce
Leggi anche il racconto della settimana: Io sono, quindi esisto
Leggi altre storie di immigrati
Ascolta la mia canzone La libertà
Guarda un estratto del mio ultimo spettacolo Curami
Quando Paradzai Nkomo ha chiesto asilo in Gran Bretagna la sua domanda fu rifiutata. E quando ha chiesto di tornare a casa, nello Zimbabwe, la sua domanda è stata respinta.
La sua assurda storia va avanti da quindici anni, ma forse da molto di più...
C’era una volta, all’inizio dei tempi, un mondo.
Il mondo era come una sfera.
Le sfere rotolano, cambiano posizione e orientamento, oscillano e rimbalzano.
In quel caso danzano e vibrano, crescono e, prima o poi, muoiono.
Tuttavia, il suggestivo e continuo movimento che rendeva il mondo qualcosa che respiri e sogni, come tutte le cose viventi, raccontava storie e ne faceva vivere altrettante.
Definiva orizzonti e provocava incontri.
Più di ogni altra cosa generava viaggi, da un punto cardinale all’altro.
Nella maggior parte inevitabili, come la neve della palla di vetro, che non può fare a meno di cadere, qualora sua maestà la gravità lo esiga.
Cosicché, capitava sovente che gli abitanti di un lato del mondo precipitassero nell’altro e viceversa.
Il valzer proseguì più o meno serenamente, con picchi di crudeltà inaudita e rare sfumature di moderata empatia.
Finché qualcuno inventò l’illusione più grande che una creatura dalla pavida mente e il cuore ristretto possa immaginare.
Leggi pure come l’ennesimo tentativo di catturare un’onda con la rete da pesca.
In breve, il confine.
Da qui in poi la storia è nota.
Il mondo si divise in due, quindi tre, i tre mutarono in quattro, quest’ultimi ne aggiunsero un quinto e così via.
Tanti mondi, molti confini e altrettanti abitanti senza mondo, perennemente in viaggio.
Nel frattempo il mondo inziale, ovvero la sfera, continuava a sfrecciare lungo i sentieri concessi dalla mappa stellare.
E allora avvenne l’inaspettato.
Gli abitanti senza mondo, stanchi di esser respinti da tutti, cominciarono ad accettare l’unica alternativa possibile alla morte e iniziarono a vivere sui confini degli altri mondi.
Anche solo per avere un nome e una casa come gli altri.
Quale sorprendente conseguenza, i confini divennero mondi a tutti gli effetti.
E coloro che ci vivevano, gli abitanti dei confini.
Ma dato che, col tempo, sono più coloro i quali si dimostrano capaci di imparare le brutte abitudini che l’inverso, anche costoro decisero di coltivare illusioni.
E allora presero la sempre fertile quanto cieca matita che li crea e disegnarono anch’essi il loro sacro bordo, affinché i mondi chiamati confini ne avessero altrettanti.
Come risultato, il mondo originale si ritrovò frazionato in un numero ingente di altri mondi. Questi ultimi erano separati da confini, i quali erano a loro volta divenuti altrettanti mondi, divisi da ulteriori confini.
Tuttavia, anche gli abitanti senza confini si sentirono esclusi e, col passare degli anni, compresero di non avere altro luogo dove sopravvivere che i confini degli stessi confini che avevano creato gli abitanti senza mondo.
Non prima, però, di averli apostrofati in modo prevedibile: “Voi dovreste capire meglio di tutti le nostre esigenze…”
Nondimeno, è risaputo.
Come si imparano facilmente le brutte abitudini, con altrettanta agevolezza si dimenticano i brutti ricordi.
Ora, credo sia ormai evidente cosa accadde in seguito.
Col passare del tempo le cose si fecero dannatamente complicate.
Perché anche gli abitanti senza confini furono contagiati dall’illusione perfetta e decisero di marcare gli invalicabili contorni della propria terra come tutti i predecessori.
Di conseguenza, il mondo da dove tutto era partito fu suddiviso in moltissimi mondi, ognuno definito tale da un confine, che a sua volta era un mondo, distinto dagli altri da un ulteriore confine, ovvero un altro mondo, che era tale grazie a un confine, che qualcun altro chiamava mondo, e così via.
Al punto che ogni mondo era il confine di un altro e viceversa.
Se li vedessi dall’alto, tutto sarebbe più chiaro, adesso, come quando si arriva alla fine di una storia.
Miliardi di puntini che si respingono a vicenda, vittime dell’illusione di essere qualcosa di meglio di una sfera luminosa nel buio dell’universo.
C’erano una volta e, malgrado tutto, ci sono ancora.
Coloro che chiamiamo.
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