Storie di donne: non è una banca per vecchi
Storie e Notizie N. 1463
Maria Félix ha 116 anni, è nata alla fine del secolo scorso ed è abbastanza anziana da ricordare la rivoluzione messicana, ma troppo per meritarsi la carta di credito necessaria per ricevere la sua pensione ogni mese.
Per la cronaca, 1.200 pesos, 58 euro circa.
"Mi hanno detto che il limite è di 110 anni…" ha dichiarato Maria con un sorriso, seduta nel cortile affollato di piante della sua piccola casa a Guadalajara.
C’era una volta una banca.
Una banca che è il mondo, se ci pensi.
La casa che ci siamo costruiti e in cui ci siamo rintanati, convinti che fosse il migliore e soprattutto l’unico possibile.
Tra i mondi.
Ed essendo mondo, ovvero spazio ampio e variopinto, al suo interno puoi essere davvero tutto.
Tutto quel che abbia senso in una banca, ovviamente.
Per figurarcela, partiamo subito dai confini.
Una linea invalicabile, come ogni decisivo muro che si rispetti, sotto forma di un bancone che riveli il mero essenziale a entrambi i lati del comune vivere.
La sola porzione di umanità concessa attraverso il magico portale - leggi pure come il divino e temuto sportello, ovvero l’inerte mezzo busto, con il quale, financo al colmo della disperazione o della frustrazione, puoi al massimo sbracciarti, berciare sino a perdere il fiato e piangere in tutte le lingue monetizzabili.
Tanto, malgrado la volubilità della valuta, le distanze non cambiano.
Non cambiano mai, in un mondo così.
Perché è proprio l’immutabilità delle distanze a esserne il principale fondamento.
E allora in fila, sbrigati, non perder tempo, poiché il tempo è denaro, ma non solo.
Magari fossero solo i soldi, a determinare il destino degli abitanti di siffatto pianeta.
Si da il caso che un altro assioma del mondo chiamato banca reciti così: di pecunia sono i granelli di sabbia che scorrono nella clessidra ma è la mano privilegiata che decide quando ruotarla o meno.
Una mano inquietante, un singolo, indifferente arto slegato dal corpo e ogni sua naturale specifica, un insieme di carne gelida, sangue immobile e unghie affilate.
Una mano cieca e sorda, capace solo di afferrare.
Una mano che, oramai, non ha più alcunché di umano.
Tuttavia, affermano i sostenitori di tale girone vivente, gioisci, perché puoi scegliere.
Puoi tentare la sorte e magari aver fortuna.
Quella di trovarti dall’altra parte del sacro bordo.
Essere parte della banca.
Con l’ambizione di divenire un giorno perfino un dito di quella stessa, abnorme mano.
Eccolo il minimo orizzonte, in grado di affrancare le umani processioni verso l’altare finanziario.
Diventare l’altro, uno di quelli, uno dei graziati che hanno smesso definitivamente di camminare e come automi con gli occhi sempre aperti fanno sì che l’illusorio fiume di virtuale potere scorra senza sosta nelle vene dei dannati.
C’era una volta un mondo, quindi.
Un mondo che abbiamo irretito e violentato sino a renderlo un’enorme banca.
Dove non c’è posto per coloro che puoi chiamare vecchi.
Ovvero, tutti quelli che hanno abbastanza memoria.
Da rammentare quando abbiamo deciso di entrarci.
E, soprattutto, dove si trova la benedetta uscita.
Compra il mio ultimo libro, Tramonto, la favola del figlio di Buio e Luce
Leggi anche il racconto della settimana: Io vedo di più
Leggi altre storie di donne
Ascolta la mia canzone La libertà
Guarda un estratto del mio ultimo spettacolo Curami
Maria Félix ha 116 anni, è nata alla fine del secolo scorso ed è abbastanza anziana da ricordare la rivoluzione messicana, ma troppo per meritarsi la carta di credito necessaria per ricevere la sua pensione ogni mese.
Per la cronaca, 1.200 pesos, 58 euro circa.
"Mi hanno detto che il limite è di 110 anni…" ha dichiarato Maria con un sorriso, seduta nel cortile affollato di piante della sua piccola casa a Guadalajara.
C’era una volta una banca.
Una banca che è il mondo, se ci pensi.
La casa che ci siamo costruiti e in cui ci siamo rintanati, convinti che fosse il migliore e soprattutto l’unico possibile.
Ed essendo mondo, ovvero spazio ampio e variopinto, al suo interno puoi essere davvero tutto.
Tutto quel che abbia senso in una banca, ovviamente.
Per figurarcela, partiamo subito dai confini.
Una linea invalicabile, come ogni decisivo muro che si rispetti, sotto forma di un bancone che riveli il mero essenziale a entrambi i lati del comune vivere.
La sola porzione di umanità concessa attraverso il magico portale - leggi pure come il divino e temuto sportello, ovvero l’inerte mezzo busto, con il quale, financo al colmo della disperazione o della frustrazione, puoi al massimo sbracciarti, berciare sino a perdere il fiato e piangere in tutte le lingue monetizzabili.
Tanto, malgrado la volubilità della valuta, le distanze non cambiano.
Non cambiano mai, in un mondo così.
Perché è proprio l’immutabilità delle distanze a esserne il principale fondamento.
E allora in fila, sbrigati, non perder tempo, poiché il tempo è denaro, ma non solo.
Magari fossero solo i soldi, a determinare il destino degli abitanti di siffatto pianeta.
Si da il caso che un altro assioma del mondo chiamato banca reciti così: di pecunia sono i granelli di sabbia che scorrono nella clessidra ma è la mano privilegiata che decide quando ruotarla o meno.
Una mano inquietante, un singolo, indifferente arto slegato dal corpo e ogni sua naturale specifica, un insieme di carne gelida, sangue immobile e unghie affilate.
Una mano cieca e sorda, capace solo di afferrare.
Una mano che, oramai, non ha più alcunché di umano.
Tuttavia, affermano i sostenitori di tale girone vivente, gioisci, perché puoi scegliere.
Puoi tentare la sorte e magari aver fortuna.
Quella di trovarti dall’altra parte del sacro bordo.
Essere parte della banca.
Con l’ambizione di divenire un giorno perfino un dito di quella stessa, abnorme mano.
Eccolo il minimo orizzonte, in grado di affrancare le umani processioni verso l’altare finanziario.
Diventare l’altro, uno di quelli, uno dei graziati che hanno smesso definitivamente di camminare e come automi con gli occhi sempre aperti fanno sì che l’illusorio fiume di virtuale potere scorra senza sosta nelle vene dei dannati.
C’era una volta un mondo, quindi.
Un mondo che abbiamo irretito e violentato sino a renderlo un’enorme banca.
Dove non c’è posto per coloro che puoi chiamare vecchi.
Ovvero, tutti quelli che hanno abbastanza memoria.
Da rammentare quando abbiamo deciso di entrarci.
E, soprattutto, dove si trova la benedetta uscita.
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