Storie di animali: Lucy e il freddo
Storie e Notizie N. 1442
Dopo 40 anni di immancabile inverno sotto lo zero allo zoo di Edmonton Valley, in Alberta, Canada, l’elefantessa Lucy è di recente al centro del dibattito sugli elefanti e in generale gli animali costretti in cattività.
Purtroppo, mentre proseguono i dibattiti del mondo, le creature prigioniere di quest’ultimo tentano di sopravvivere come possono…
Mi chiamo Lucy e ho un amico.
Lo conoscete come il freddo.
Ma non è solo un nomignolo per un tipo particolarmente distaccato.
Anzi, se è per questo lui è fin troppo caloroso e affettuoso.
Tuttavia, queste sì che sono solo superficiali descrizioni di un fare ormai scontato.
Conseguenze di un abbraccio puntuale e stretto come in una formale ricorrenza tra persone legate solo dal nome e da un'affezione di sapor paradossale.
Una sorta di sindrome di sindrome di Stoccolma valida in entrambi i sensi.
Gli amici svedesi, potrebbero chiamarci, stranieri nel nord delle Americhe e duo tragico in uno spettacolo animale e inumano.
Che potrebbero essere quasi sinonimi, invece non c’è nulla di maggiormente sbagliato a questo mondo.
Io sono Lucy e il freddo è anche il mio miglior nemico.
In un quadro da sogno, ovvero il disegno di una fantasia ancora giovane e ingenua, si palesa come una specie di candido fantasma gigantesco, che soffia gelo e silenzio, ma lontano da me, che al riparo delle preziose linee sul mappamondo ideale mi nutro del calore gratuito donato dal cielo.
Al risveglio dall’incubo più realistico della natura, proiettato direttamente dall’occhio di colui che di essa si ritiene padrone e carnefice, apro gli occhi e lo vedo.
Sparso tutto intorno, equo nella sua impersonale scelta della vittima di turno e onesto nel capire il momento in cui liberare l’innocente di turno.
Più di ogni altra cosa, incolpevole per la totale assenza di interesse e ambizione nell’inevitabile aggressione.
Di me, che non riesco a odiare l’unico che nel tempo ha provato a proteggermi.
Perché è banale, lo so, ma la semplicità rende geniale l’azione, laddove sia unica.
Perché un cuore congelato non patisce sofferenza alcuna.
E perché il bianco della neve confonde le forme e cancella i colori.
Al peggio, si scompare per sempre con lei.
Ma al meglio si diventa invisibili.
Non sapete cosa darei per uscire dalla crudele inquadratura.
Perché, come mi disse un giorno una giraffa, beati i ragni, perché gli umani ne hanno disgusto e paura.
Tuttavia, dopo anni, io sono ancora qui.
Insieme al freddo.
L’unico che mi è stato amico.
Tra i miei molti nemici.
Compra il mio ultimo libro, Elisa e il meraviglioso degli oggetti
Leggi anche il racconto della settimana: La lampadina straniera
Leggi altre storie di animali
Vieni a vedermi a teatro nella commedia Curami
Ascolta la mia canzone La libertà
Guarda un estratto del mio ultimo spettacolo E' incredibile quello che una piccola luce può fare
Dopo 40 anni di immancabile inverno sotto lo zero allo zoo di Edmonton Valley, in Alberta, Canada, l’elefantessa Lucy è di recente al centro del dibattito sugli elefanti e in generale gli animali costretti in cattività.
Purtroppo, mentre proseguono i dibattiti del mondo, le creature prigioniere di quest’ultimo tentano di sopravvivere come possono…
Mi chiamo Lucy e ho un amico.
Lo conoscete come il freddo.
Anzi, se è per questo lui è fin troppo caloroso e affettuoso.
Tuttavia, queste sì che sono solo superficiali descrizioni di un fare ormai scontato.
Conseguenze di un abbraccio puntuale e stretto come in una formale ricorrenza tra persone legate solo dal nome e da un'affezione di sapor paradossale.
Una sorta di sindrome di sindrome di Stoccolma valida in entrambi i sensi.
Gli amici svedesi, potrebbero chiamarci, stranieri nel nord delle Americhe e duo tragico in uno spettacolo animale e inumano.
Che potrebbero essere quasi sinonimi, invece non c’è nulla di maggiormente sbagliato a questo mondo.
Io sono Lucy e il freddo è anche il mio miglior nemico.
In un quadro da sogno, ovvero il disegno di una fantasia ancora giovane e ingenua, si palesa come una specie di candido fantasma gigantesco, che soffia gelo e silenzio, ma lontano da me, che al riparo delle preziose linee sul mappamondo ideale mi nutro del calore gratuito donato dal cielo.
Al risveglio dall’incubo più realistico della natura, proiettato direttamente dall’occhio di colui che di essa si ritiene padrone e carnefice, apro gli occhi e lo vedo.
Sparso tutto intorno, equo nella sua impersonale scelta della vittima di turno e onesto nel capire il momento in cui liberare l’innocente di turno.
Più di ogni altra cosa, incolpevole per la totale assenza di interesse e ambizione nell’inevitabile aggressione.
Di me, che non riesco a odiare l’unico che nel tempo ha provato a proteggermi.
Perché è banale, lo so, ma la semplicità rende geniale l’azione, laddove sia unica.
Perché un cuore congelato non patisce sofferenza alcuna.
E perché il bianco della neve confonde le forme e cancella i colori.
Al peggio, si scompare per sempre con lei.
Ma al meglio si diventa invisibili.
Non sapete cosa darei per uscire dalla crudele inquadratura.
Perché, come mi disse un giorno una giraffa, beati i ragni, perché gli umani ne hanno disgusto e paura.
Tuttavia, dopo anni, io sono ancora qui.
Insieme al freddo.
L’unico che mi è stato amico.
Tra i miei molti nemici.
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