Storie sullo sfruttamento minorile: le gambe del mostro
Storie e Notizie N. 1440
La mica è uno dei minerali più diffusi a livello globale, di grande valore per la sua capacità di riflettere e rifrangere la luce ed è utilizzata in una moltitudine di prodotti e industrie. Circa un quarto della mica del mondo è estratta nelle zone più povere dell’India e si parla di almeno 20.000 bambini impegnati a lavorare ogni giorno nelle miniere.
Alcuni dei più grandi fornitori di vernice per auto hanno di recente aderito a un'iniziativa globale per eliminare il lavoro minorile nell'industria della mica, merito di un’inchiesta del Guardian.
Purtroppo a oggi, malgrado facciano uso della vernice prodotta dai fornitori di cui sopra, tutti i marchi automobilistici tra Volkswagen, BMW e Vauxhall (General Motors) hanno rifiutato di aderire.
Da cui la storia.
O favola…
C’era una volta un mostro.
Un mostro terribile, talmente terrificante e al
contempo invincibile che ormai più nessuno osava fronteggiarlo ad alta voce, sulla pubblica piazza.
Talmente grande e potente da ottenere la più stracciante delle vittorie sul mondo.
Quella dell’abitudine.
E quando i mostri divengono personaggi normali, come gli altri, imprescindibile parte dell’immagine, chiunque si sente in diritto di entrare nell’inquadratura.
Dicendo e soprattutto facendo ogni cosa gli passi per la testa o la pancia.
Un giorno, alcune tra le creature più sottovalutate sulla terra, decisero di alzare la testa.
Evento trascurabile, in effetti, vista l’altezza dei nostri.
Fermiamo il mostro, gridò il leader.
Sì, facciamolo, strillò di rimando l’amico di una vita.
Evviva, urlò un altro svegliandosi proprio in quel momento da un bel sogno, ma contento comunque di essere della partita.
Perché non capita tutti i giorni di alzare la testa, laggiù, e quando succede non vuoi essere quello a cui un giorno diranno: non sai cosa ti sei perso.
Come fermiamo il mostro? Domandò giustamente il più pratico.
Semplice, rispose il leader e con voce ispirata si lanciò nel carismatico monologo accendi folla che da tempo aveva in serbo.
Tagliamo le gambe al mostro, tronchiamo di netto le colonne che reggono la sua orrenda figura, seghiamo via quegli arti putrefatti e crudeli, quelle ginocchia sbagliate e quelle cosce avariate, quelle rotule puzzolenti e quelle tibie brutte, bruttissime, che fanno vomitare gli spaventapasseri…
Andiamo al sodo, chiese uno tra i molti, per quanto condividesse come tutti l’antipatia per la sadica fiera.
Dicevo, proseguì il fomentatore, tagliamo tutte le gambe del mostro, che gli permettono di camminare sulle nostre vite e le nostre case, calpestando il nostro presente e cancellando il nostro futuro.
Ma proprio tutte le gambe? Domandò un altro, con evidente scetticismo nel tono della voce.
Ora, ciò che non si è detto all’inizio, chiedo venia per questo, è che trattasi di mostro mille zampe, ecco.
Tuttavia, il leader l’aveva studiata bene e la sua replica non si fece attendere.
Ecco il mio piano, disse con una sicurezza a dir poco sfacciata. Convinciamo le gambe a staccarsi da lui.
All’inizio ci fu qualche risatina di scherno e molta sfiducia nell’assurda idea, ma il nostro non si perse d’animo. Sapeva che per farsi seguire nell’utopica impresa non c’era altro modo che fare il primo passo.
Così, si tirò sulle maniche e si mise al lavoro.
Altro evento di poco conto sulle alte vette, viste le dimensioni del protagonista, ma misure irrilevanti talvolta celano voci così assordanti da far paura, come dimostra il noto teorema della zanzara soprano.
La prima gamba fu convinta proprio dal leader e la reazione a catena fu come una ola di arti disertori, uno dopo l’altro dissuaso dall’ingrato compito di servire il maligno essere.
La cosa più sorprendente per i piccoli ribelli fu scoprire che le gambe non aspettavano altro che qualcuno le invitasse a liberarsi.
Tuttavia, l’inaspettato li attendeva sull’ultimo frammento della storia.
L’ultima gamba era pronta ad abbandonare il mostro e così fece.
I nostri esultarono di gioia e presero a cantare e ballare, decisi a rendere la festa degna di cotanta vittoria.
Nondimeno, un ruggito orrendo si levò nel cielo alle loro spalle.
Si voltarono e videro il mostro ancora lì, deciso a continuare a rovinare la loro esistenza.
Fu in quel momento che capirono che non erano le gambe a tenerlo in vita.
Ma tutti coloro che, più o meno consapevolmente.
Gli danno da mangiare.