Storie sui diritti umani: Lasciatemi morire
Storie e Notizie N. 1424
Fabiano Antoniani, in arte Dj Fabo, in seguito a un grave incidente stradale è rimasto cieco e tetraplegico.
A 39 anni, malgrado molte cure, ha deciso di concludere qui il suo viaggio.
“Signor presidente della Repubblica, mi chiamo Fabo e vorrei essere libero di morire”. Con queste parole – qui il video – insieme alla fidanzata ha chiesto a Mattarella di esortare il mondo della politica a prendere una decisione riguardo alla cosiddetta legge di fine vita.
Chi mi conosce meglio sa che ho un rapporto con la morte basato sul panico assoluto, ma qui non si sta parlando del sottoscritto, di noi, voi tutti e di te che leggi.
Qui siamo nell’inviolabile regno dei diritti di uno e solo uno…
Lasciatemi morire.
Sono due parole.
Sono molte cose, in effetti.
E’ l’inizio di una storia, questa, può esser la conclusione di un’esistenza con esito triste, è probabile, ma dignitosa, amata da chi ancora ama e mai smetterà, più che mai accettata dalle uniche persone con diritto di precedenza.
Al contrario, è simile ad altre evenienze, private di dignità, odiose e inaccettabili.
E’ come se scrivessi un romanzo, mio, bello o brutto che sia, l’unico che avessi da raccontare e qualcun altro si appropriasse del privilegio di decidere l’ultima battuta.
Ed è anche come se finalmente arrivasse il giorno della nascita di nuova vita, tra me e chi mi accompagna, è qualcun altro oltre a noi ne scrivesse il nome.
E’ come se, dopo infinita prigionia in un corpo imbarazzato e timoroso di ogni movimento coerente, riuscissi con inimitabile coraggio a scendere in pista e a danzare e qualcun altro pretendesse non solo di scegliere la musica ma addirittura con quali passi librarmi.
Ed è perfino come se, superando altrettanta fragilità di cuore e nervi, trovassi inaspettatamente l’ardire di dichiarare i miei sentimenti all’anima adorata e qualcun altro si impadronisse della mia voce e in mia vece dicesse ti amo.
E’ come se, dopo una lite furibonda con l’amicizia di sempre, quella che non è mai stata più la stessa, ma sai che non ne avrai un’altra così, trovassi per buona sorte l’occasione di stringere di nuovo quella mano, al meglio abbracciarsi, e qualcun altro mi imponesse cosa dire e con quanta emozione nel petto.
Ed è pure come se l’ultima parentesi felice prima di un’esistenza falciata da un destino fin troppo severo potesse essere trafugata, riscritta e colorata.
Da qualcun altro che non sia io.
E’ come se, dopo che il mio passato e il mio presente fossero resi rarefatti da una memoria sofferente, qualcuno che non sia il fato osasse reclamare come proprio tutto il resto.
Leggi pure come il più inestimabile tra i capitoli mai scritti.
In breve, il mio futuro.
Lasciatemi morire.
Sono due parole, sono tante cose, d’altra parte.
Simili ad altre non così diverse come pensi.
Come lasciatemi vivere.
La mia fine…
Compra il mio ultimo libro, Elisa e il meraviglioso degli oggetti
Leggi anche il racconto della settimana: La mia migliore amica
Leggi altre storie sui diritti umani
Ascolta la mia canzone La libertà
Guarda un estratto del mio ultimo spettacolo Passeggiando con l'ombra
Fabiano Antoniani, in arte Dj Fabo, in seguito a un grave incidente stradale è rimasto cieco e tetraplegico.
A 39 anni, malgrado molte cure, ha deciso di concludere qui il suo viaggio.
“Signor presidente della Repubblica, mi chiamo Fabo e vorrei essere libero di morire”. Con queste parole – qui il video – insieme alla fidanzata ha chiesto a Mattarella di esortare il mondo della politica a prendere una decisione riguardo alla cosiddetta legge di fine vita.
Chi mi conosce meglio sa che ho un rapporto con la morte basato sul panico assoluto, ma qui non si sta parlando del sottoscritto, di noi, voi tutti e di te che leggi.
Qui siamo nell’inviolabile regno dei diritti di uno e solo uno…
Lasciatemi morire.
Sono due parole.
Sono molte cose, in effetti.
Al contrario, è simile ad altre evenienze, private di dignità, odiose e inaccettabili.
E’ come se scrivessi un romanzo, mio, bello o brutto che sia, l’unico che avessi da raccontare e qualcun altro si appropriasse del privilegio di decidere l’ultima battuta.
Ed è anche come se finalmente arrivasse il giorno della nascita di nuova vita, tra me e chi mi accompagna, è qualcun altro oltre a noi ne scrivesse il nome.
E’ come se, dopo infinita prigionia in un corpo imbarazzato e timoroso di ogni movimento coerente, riuscissi con inimitabile coraggio a scendere in pista e a danzare e qualcun altro pretendesse non solo di scegliere la musica ma addirittura con quali passi librarmi.
Ed è perfino come se, superando altrettanta fragilità di cuore e nervi, trovassi inaspettatamente l’ardire di dichiarare i miei sentimenti all’anima adorata e qualcun altro si impadronisse della mia voce e in mia vece dicesse ti amo.
E’ come se, dopo una lite furibonda con l’amicizia di sempre, quella che non è mai stata più la stessa, ma sai che non ne avrai un’altra così, trovassi per buona sorte l’occasione di stringere di nuovo quella mano, al meglio abbracciarsi, e qualcun altro mi imponesse cosa dire e con quanta emozione nel petto.
Ed è pure come se l’ultima parentesi felice prima di un’esistenza falciata da un destino fin troppo severo potesse essere trafugata, riscritta e colorata.
Da qualcun altro che non sia io.
E’ come se, dopo che il mio passato e il mio presente fossero resi rarefatti da una memoria sofferente, qualcuno che non sia il fato osasse reclamare come proprio tutto il resto.
Leggi pure come il più inestimabile tra i capitoli mai scritti.
In breve, il mio futuro.
Lasciatemi morire.
Sono due parole, sono tante cose, d’altra parte.
Simili ad altre non così diverse come pensi.
Come lasciatemi vivere.
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