Ragazza afgana di Steve McCurry: storia in una foto
Storie e Notizie N. 1402
Un tribunale pakistano ha respinto oggi la cauzione di Sharbat Gula, detenuta con l’accusa di vivere illegalmente nel paese.
Sharbat è meglio conosciuta come la “ragazza afgana”, la giovane dagli occhi verdi ritratta in una celebre fotografia di Steve McCurry risalente al 1984, pubblicata sulla copertina del National Geographic Magazine l’anno successivo.
La storia in una foto.
Ovvero, l’intera vita.
L’adolescenza congelata e tutto il tempo dei condizionali solo sperati.
Leggi pure come avrebbe vissuto felice e contenta.
Come nell’occhio che guarda e si commuove.
Che celebra l’eccezionale contrasto o si strugge per l’assurdità dell’istante.
La vita in una foto.
Nel senso di tutta la storia.
Esattamente come per chi la legge in un secondo e poi torna a sorreggere il palazzo di morte e indifferenza che intende schiacciarci.
Primo o poi lo farà con tutti e basterebbe poco per renderlo inoffensivo.
L’illusione in una foto.
Cioè, tutta una vita di inganni per l’occhio come per il cuore.
Come l’idea che tutto sia fermo e inevitabile.
Che i poveretti moriranno, che sarebbero stati sacrificati comunque.
E che noi non possiamo farci nulla.
Che lo spettatore non può far altro che assistere, al meglio applaudire.
La storia di una foto.
Perché anche di foto è composta.
L’intera vita.
Tutte quelle che puoi immaginare tra la prima e l’ultima.
Tutte quelle che erano lì, da qualche parte.
Lontane dalla copertina, certo, ma scattate e pubblicate sulle riviste che difficilmente divengono argomenti nei salotti.
Come nelle bacheche virtuali.
Le vite dietro la piccola storia.
Frammenti trascurati di quella grande, che tali esistenze maltratta nel silenzio.
E poi, dopo trent’anni apri gli occhi.
Ricordi e capisci.
Che nelle foto, le storie e le vite che credevi lontane.
Di anime spacciate o addirittura al sicuro.
In ogni caso, confinate per sempre nell’immobile quadro.
C’era molto di più di quel che avevi visto…
Vieni ad ascoltarmi a teatro, Elisa e il meraviglioso degli oggetti, Sabato 5 Novembre alle 21 al Teatro Planet, Roma
Leggi anche il racconto della settimana: I mostri non esistono
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Ascolta la mia canzone La libertà
Compra il mio ultimo libro, Elisa e il meraviglioso mondo degli oggetti, Tempesta Editore
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Sharbat è meglio conosciuta come la “ragazza afgana”, la giovane dagli occhi verdi ritratta in una celebre fotografia di Steve McCurry risalente al 1984, pubblicata sulla copertina del National Geographic Magazine l’anno successivo.
La storia in una foto.
L’adolescenza congelata e tutto il tempo dei condizionali solo sperati.
Leggi pure come avrebbe vissuto felice e contenta.
Come nell’occhio che guarda e si commuove.
Che celebra l’eccezionale contrasto o si strugge per l’assurdità dell’istante.
La vita in una foto.
Nel senso di tutta la storia.
Esattamente come per chi la legge in un secondo e poi torna a sorreggere il palazzo di morte e indifferenza che intende schiacciarci.
Primo o poi lo farà con tutti e basterebbe poco per renderlo inoffensivo.
L’illusione in una foto.
Cioè, tutta una vita di inganni per l’occhio come per il cuore.
Come l’idea che tutto sia fermo e inevitabile.
Che i poveretti moriranno, che sarebbero stati sacrificati comunque.
E che noi non possiamo farci nulla.
Che lo spettatore non può far altro che assistere, al meglio applaudire.
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Tutte quelle che puoi immaginare tra la prima e l’ultima.
Tutte quelle che erano lì, da qualche parte.
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E poi, dopo trent’anni apri gli occhi.
Ricordi e capisci.
Che nelle foto, le storie e le vite che credevi lontane.
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In ogni caso, confinate per sempre nell’immobile quadro.
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