Storie sulla fame nel mondo: nella terra dei rifiuti poche regole
Storie e Notizie N. 1392
Leggo che a metà degli anni 2000 la discarica di Stung Meanchey a Phnom Penh, in Cambogia, ha raggiunto il discutibile primato di essere una delle più famose al mondo.
Il motivo? Semplice, ovvero, terribile.
Sia di giorno che di notte, migliaia di raccoglitori di immondizia lavoravano sulla purulenta montagna di spazzatura. Vi hanno vissuto in case composte da spazzatura. Si sono nutriti, di spazzatura. Nella spazzatura molti sono addirittura nati e altrettanti sono morti.
Malgrado nel 2009 il governo abbia tentato di chiudere la discarica, alcuni abitanti hanno semplicemente traslocato, mentre la maggior parte vive ancora lì…
Nella terra dei rifiuti.
Poche regole.
La prima: non si butta niente.
Perché l’hanno già fatto gli altri, tanto per cominciare.
E allora buttare via diventa espressione priva di senso, se presa alla lettera.
Qui è la vita intera che va rigorosamente interpretata e le varie accezioni divengono al contempo intercambiabili.
Cosicché, buttare via si trasforma, a seconda dell’opportunità, in prestare o addirittura regalare, ridare e riprendere, prestar di nuovo e regalare ancora, con tutte le possibilità del caso.
Trattasi comunque di eventualità benedette.
Difficile il contrario, allorché il dono sia ancora in sé, capace di resistere al tocco.
Da cui, la seconda: occorre delicatezza.
Già, occorre delicatezza, tra noi.
E non perché le cose siano particolarmente fragili, il che avrebbe ragion d’essere, essendo un tratto probabile della roba da buttar via.
Non siamo neppure noi, a esserlo, malgrado si supponga il contrario, perché per sopravvivere tra affilati cocci e pestilenziali aromi l’armatura di Iron Man sarebbe come nudo burro alla mercé del deserto del Sahara.
No, il motivo è solo uno.
Perché la delicatezza che tra noi scivolerà sarà l’unica che avremo mai al mondo.
Di seguito, la terza: occhi aperti, sempre.
Aperti sempre.
Sempre in cerca di tesori.
Come voi, del resto.
O almeno è questo ciò che immaginiamo sollevando il capo verso la volta celeste, smisuratamente favorita dalla sorte.
Gli dei e i loro figli, chissà quanto saranno bravi a scovar preziosi tra i nascondigli più segreti della terra.
Creature dalla vista miracolosa, con mani gigantesche e tasche non meno capienti.
E’ normale che a noi altri restino le briciole, nessun rancore, probabilmente faremmo lo stesso.
Tuttavia, di umani si narra, comunque.
E gli umani perfetti non sono.
Questa è la nostra disgrazia, ma anche l’unico frammento di buona sorte plausibile.
Rappresentata dall’ultima regola: non perdere la speranza.
Mai, non sia mai.
Si da il caso che ogni tanto anche gli dei si perdano in veniali refusi.
E ciò che è marginale per voi, per noi altri brilla di luce infinita.
Allora festa grande sia e tutti a buttar via.
Leggi pure come tutto a tutti.
Perché nella terra dei rifiuti ci sono poche regole.
La prima è non si butta niente.
Dove il vostro niente è il nostro tutto.
Vieni ad ascoltarmi a teatro, Elisa e il meraviglioso degli oggetti, Sabato 5 Novembre alle 21 al Teatro Planet, Roma.
Leggi anche il racconto della settimana: Quello che non vedi
Leggi altre storie sulla fame nel mondo
Ascolta la mia canzone La libertà
Compra il mio ultimo libro, La truffa dei migranti, Tempesta Editore
Leggo che a metà degli anni 2000 la discarica di Stung Meanchey a Phnom Penh, in Cambogia, ha raggiunto il discutibile primato di essere una delle più famose al mondo.
Il motivo? Semplice, ovvero, terribile.
Sia di giorno che di notte, migliaia di raccoglitori di immondizia lavoravano sulla purulenta montagna di spazzatura. Vi hanno vissuto in case composte da spazzatura. Si sono nutriti, di spazzatura. Nella spazzatura molti sono addirittura nati e altrettanti sono morti.
Malgrado nel 2009 il governo abbia tentato di chiudere la discarica, alcuni abitanti hanno semplicemente traslocato, mentre la maggior parte vive ancora lì…
Nella terra dei rifiuti.
La prima: non si butta niente.
Perché l’hanno già fatto gli altri, tanto per cominciare.
E allora buttare via diventa espressione priva di senso, se presa alla lettera.
Qui è la vita intera che va rigorosamente interpretata e le varie accezioni divengono al contempo intercambiabili.
Cosicché, buttare via si trasforma, a seconda dell’opportunità, in prestare o addirittura regalare, ridare e riprendere, prestar di nuovo e regalare ancora, con tutte le possibilità del caso.
Trattasi comunque di eventualità benedette.
Difficile il contrario, allorché il dono sia ancora in sé, capace di resistere al tocco.
Da cui, la seconda: occorre delicatezza.
Già, occorre delicatezza, tra noi.
E non perché le cose siano particolarmente fragili, il che avrebbe ragion d’essere, essendo un tratto probabile della roba da buttar via.
Non siamo neppure noi, a esserlo, malgrado si supponga il contrario, perché per sopravvivere tra affilati cocci e pestilenziali aromi l’armatura di Iron Man sarebbe come nudo burro alla mercé del deserto del Sahara.
No, il motivo è solo uno.
Perché la delicatezza che tra noi scivolerà sarà l’unica che avremo mai al mondo.
Di seguito, la terza: occhi aperti, sempre.
Aperti sempre.
Sempre in cerca di tesori.
Come voi, del resto.
O almeno è questo ciò che immaginiamo sollevando il capo verso la volta celeste, smisuratamente favorita dalla sorte.
Gli dei e i loro figli, chissà quanto saranno bravi a scovar preziosi tra i nascondigli più segreti della terra.
Creature dalla vista miracolosa, con mani gigantesche e tasche non meno capienti.
E’ normale che a noi altri restino le briciole, nessun rancore, probabilmente faremmo lo stesso.
Tuttavia, di umani si narra, comunque.
E gli umani perfetti non sono.
Questa è la nostra disgrazia, ma anche l’unico frammento di buona sorte plausibile.
Rappresentata dall’ultima regola: non perdere la speranza.
Mai, non sia mai.
Si da il caso che ogni tanto anche gli dei si perdano in veniali refusi.
E ciò che è marginale per voi, per noi altri brilla di luce infinita.
Allora festa grande sia e tutti a buttar via.
Leggi pure come tutto a tutti.
Perché nella terra dei rifiuti ci sono poche regole.
La prima è non si butta niente.
Dove il vostro niente è il nostro tutto.
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