Storie sul calcio: Tra i campi da gioco sbagliati di Bangkok
Storie e Notizie N. 1388
Un imprenditore immobiliare tailandese ha avuto l’idea di realizzare a Khlong Toei, una zona densamente popolata di Bangkok, degli irregolari campi di calcio, cercando di sfruttare al meglio il poco spazio a disposizione. La capitale della Tailandia è una città di otto milioni di abitanti in pratica costruita su una palude e, a causa della crescente sovrappopolazione, è disperatamente a corto di spazio, con nuovi centri commerciali e progetti residenziali ai danni delle comunità più povere…
Ci siamo, la partita sta per iniziare.
Deve farlo.
E’ questione di vita e di vita.
Perché la morte non è risultato previsto.
Non quando per giocare sei disposto a sopportare tutto.
Dicono che l’importante sia partecipare, lì dove le linee sono dritte e il pallone rotola senza difficoltà.
Bè, da queste parti l’importante non è solo partecipare.
Da queste parti tutto lo è.
Perfino perdere.
Perché vuol dire che la partita c’è stata davvero.
Che qualcuno è sceso in campo.
E che qualcun altro, che sia benedetto, ha visto e raccontato tutto.
Ecco, l’arbitro fischia, si parte.
Palla a noi.
Che bello poterlo dire, anche se è solo un gioco.
Palla a noi è la più bella frase del mondo dopo tutti a fare la doccia, perché vuol dire che c’è l’acqua, e tutti a bere, perché significa che è pulita.
Ma la parola migliore è tutti.
Perché ce n’è per tutti.
Poi, è chiaro, se si fa gol è festa grande, ma breve.
E non è per snobismo, sia chiaro. L’inaccettabile noncuranza per la fortunata prodezza non è concessa.
E’ che nei campi sbagliati la partita deve andare avanti, non lo spettacolo.
Neppure per un gol mirabolante si può sforare.
Perché se la partita è iniziata non vuol dire che durerà per sempre.
Prima o poi, si sa, il gioco avrà una fine.
Certo, capisco quello che diranno i calciatori dei prati soffici.
Il fischio finale è nelle regole.
Novanta minuti, più eventuali recuperi, supplementari e rigori.
Scusate, ma gli atleti dalle porte scombinate hanno fatto una piccola modifica…
Ovvero, una veniale omissione per il resto del mondo e una preziosa dimenticanza per loro.
Via eventuali.
Perché una volta che le squadre sono finalmente libere di affrontarsi, dove il vero ostacolo non sarà ma l’avversario, si farà tutto quel che sarà capace di divertire e distrarre.
E in barba a ogni manuale sportivo si tireranno rigori dal balcone e si batteranno calci d’angolo dalla cantina, si eseguiranno punizioni letteralmente da lontano e se mamma o papà si affacceranno proprio sul più bello, con l’orgoglio di casa nei pressi della porta nemica, pronto a bucarla e saltare di gioia, il miracolo è compiuto.
Palla a tutti.
E tutti di nuovo in campo...
Leggi anche il racconto della settimana: Il club degli amici
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Ci siamo, la partita sta per iniziare.
E’ questione di vita e di vita.
Perché la morte non è risultato previsto.
Non quando per giocare sei disposto a sopportare tutto.
Dicono che l’importante sia partecipare, lì dove le linee sono dritte e il pallone rotola senza difficoltà.
Bè, da queste parti l’importante non è solo partecipare.
Da queste parti tutto lo è.
Perfino perdere.
Perché vuol dire che la partita c’è stata davvero.
Che qualcuno è sceso in campo.
E che qualcun altro, che sia benedetto, ha visto e raccontato tutto.
Ecco, l’arbitro fischia, si parte.
Palla a noi.
Palla a noi è la più bella frase del mondo dopo tutti a fare la doccia, perché vuol dire che c’è l’acqua, e tutti a bere, perché significa che è pulita.
Ma la parola migliore è tutti.
Perché ce n’è per tutti.
Poi, è chiaro, se si fa gol è festa grande, ma breve.
E non è per snobismo, sia chiaro. L’inaccettabile noncuranza per la fortunata prodezza non è concessa.
E’ che nei campi sbagliati la partita deve andare avanti, non lo spettacolo.
Neppure per un gol mirabolante si può sforare.
Perché se la partita è iniziata non vuol dire che durerà per sempre.
Prima o poi, si sa, il gioco avrà una fine.
Certo, capisco quello che diranno i calciatori dei prati soffici.
Il fischio finale è nelle regole.
Scusate, ma gli atleti dalle porte scombinate hanno fatto una piccola modifica…
Ovvero, una veniale omissione per il resto del mondo e una preziosa dimenticanza per loro.
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Perché una volta che le squadre sono finalmente libere di affrontarsi, dove il vero ostacolo non sarà ma l’avversario, si farà tutto quel che sarà capace di divertire e distrarre.
E in barba a ogni manuale sportivo si tireranno rigori dal balcone e si batteranno calci d’angolo dalla cantina, si eseguiranno punizioni letteralmente da lontano e se mamma o papà si affacceranno proprio sul più bello, con l’orgoglio di casa nei pressi della porta nemica, pronto a bucarla e saltare di gioia, il miracolo è compiuto.
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