Paralimpiadi breve storia di silenziose vittorie parallele
Storie e Notizie N. 1378
Inizia oggi in Brasile la XV Edizione dei Giochi Paralimpici estivi, chiamati da noi Paralimpiadi o, di rado, Paraolimpiadi.
Le olimpiadi parallele.
Come se davvero, proprio di fianco alla presunta via maestra, ne scorresse un’altra.
In qualche modo priva di qualcosa…
L’importante è partecipare, ricordano sempre tutti.
Per molti è vincere, per altri è assolutamente non perdere, perché pareggiare non ha mai fatto davvero male a nessuno.
Giammai sfrenarsi oltre i limiti del lecito per la sola medaglia che tutti rammentano all’indomani.
Men che meno struggersi allo sfinimento per il podio sfiorato.
Forse l’essenziale non è niente di tutto questo.
Chiediamocelo.
Poniamoci davvero la domanda, allora.
Perché siamo accorsi qui?
Perché siamo usciti dalla nostra vita per venire a vedere l’altro che corre, che lotta, che affronta i limiti della propria natura e di quella degli altri?
Perché, alla fine della storia, ci alziamo in piedi e lanciamo i palmi delle mani l’uno contro l’altro, con fervore crescente?
Perché, in qualche modo, sentiamo di aver vinto con lei?
Di aver perso con lui?
Di aver comunque sentito quel che loro hanno provato?
Perché, a dirla tutta, ci siamo dimenticati che era questo il vero motivo per cui ammirare il miracoloso gesto e l’autore di quest’ultimo?
D’altra parte, l’impresa accade ogni giorno, non solo in occasione dell’annuale festa sulla pista.
Il regno delle anime monche, tali solo in apparenza, è qui, adesso.
Ma anche prima e dopo che le luci dello stadio si prendono il merito di tutto.
Un’infinità di record vengono battuti ogni minuto e omologati all’istante, malgrado a favore di puro coraggio.
Un numero inenarrabile di imprendibili staffette si susseguono, sebbene il testimone sia composto solo della sostanza di cui son fatte le promesse mantenute, leggi pure come ti giuro che quando avrai bisogno ci sarò.
Vengono saltate, con una pazienza che sa di divino, sequenze incalcolabili di ostacoli, nonostante siano di fattura prettamente umana.
E sfidando gravità ingigantite da quantità industriali di sguardi, al meglio inopportuni, gli atleti quotidiani si tuffano dal trampolino più alto, benché lo scorgano solo in pochi.
Ciò che conta è partecipare, rimarcano tutti il più delle volte.
Per molti è solo arrivare primi, per altri è assolutamente non ultimi, altrimenti è meglio restarsene a casa.
Forse quel che è fondamentale risiede altrove.
Anzi, senza forse.
Perché altrove, lì dove camminano, corrono e saltano le vite parallele, superare se stessi.
Vuol dire vivere…
Leggi anche il racconto della settimana: E' incredibile quello che una piccola luce può fare
Leggi altre storie sulla diversità
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Le olimpiadi parallele.
Come se davvero, proprio di fianco alla presunta via maestra, ne scorresse un’altra.
In qualche modo priva di qualcosa…
L’importante è partecipare, ricordano sempre tutti.
Giammai sfrenarsi oltre i limiti del lecito per la sola medaglia che tutti rammentano all’indomani.
Men che meno struggersi allo sfinimento per il podio sfiorato.
Forse l’essenziale non è niente di tutto questo.
Chiediamocelo.
Poniamoci davvero la domanda, allora.
Perché siamo accorsi qui?
Perché siamo usciti dalla nostra vita per venire a vedere l’altro che corre, che lotta, che affronta i limiti della propria natura e di quella degli altri?
Perché, alla fine della storia, ci alziamo in piedi e lanciamo i palmi delle mani l’uno contro l’altro, con fervore crescente?
Perché, in qualche modo, sentiamo di aver vinto con lei?
Di aver perso con lui?
Di aver comunque sentito quel che loro hanno provato?
Perché, a dirla tutta, ci siamo dimenticati che era questo il vero motivo per cui ammirare il miracoloso gesto e l’autore di quest’ultimo?
D’altra parte, l’impresa accade ogni giorno, non solo in occasione dell’annuale festa sulla pista.
Il regno delle anime monche, tali solo in apparenza, è qui, adesso.
Ma anche prima e dopo che le luci dello stadio si prendono il merito di tutto.
Un’infinità di record vengono battuti ogni minuto e omologati all’istante, malgrado a favore di puro coraggio.
Un numero inenarrabile di imprendibili staffette si susseguono, sebbene il testimone sia composto solo della sostanza di cui son fatte le promesse mantenute, leggi pure come ti giuro che quando avrai bisogno ci sarò.
Vengono saltate, con una pazienza che sa di divino, sequenze incalcolabili di ostacoli, nonostante siano di fattura prettamente umana.
E sfidando gravità ingigantite da quantità industriali di sguardi, al meglio inopportuni, gli atleti quotidiani si tuffano dal trampolino più alto, benché lo scorgano solo in pochi.
Ciò che conta è partecipare, rimarcano tutti il più delle volte.
Per molti è solo arrivare primi, per altri è assolutamente non ultimi, altrimenti è meglio restarsene a casa.
Forse quel che è fondamentale risiede altrove.
Anzi, senza forse.
Perché altrove, lì dove camminano, corrono e saltano le vite parallele, superare se stessi.
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