Storie sulla fame nel mondo: quando abbiamo vinto

Storie e Notizie N. 1380 

“Si tratta di bambini che, in fondo, hanno avuto fame per tutta la loro vita, e alcuni moriranno qui nelle prossime ventiquattro ore”, ha dichiarato Jean Stowell, a capo del centro di Doctor Without Borders a Maiduguri, in Nigeria, dove la fame sta causando il decesso di centinaia di bimbi al giorno.

Nei pochi secondi che restavano.


Lì, solo in quel momento.
Abbiamo vinto.
Evviva noi, la perfida fame è stata sconfitta.
Un miracolo? Una magia? Un intervento divino, forse?
O magari il fatidico arrivo dei buoni?
No, niente di tutto questo.
Ci abbiam messo un po’, forse troppo, ma alla fine, solo alla fine, abbiamo capito.
Come vincere la fame.
Abbiamo aperto gli occhi una volte per tutte, osservato con maturo realismo i resti del mondo tutt’attorno.
E abbiamo iniziato a mangiare quello che c’era.
Abbiamo mangiato la terra, tutta, tutta quella che riusciva a entrare in una mano, nell’altra, e afferra dopo afferra non è rimasto che il tesoro, quello che i migranti al contrario ci rubano sotto il naso, come se non fosse mai stato nostro.
Come se noi stessi non fossimo mai stati e basta.
Abbiamo mangiato l’aria, tutta, tutta quella che riusciva a entrare tra un esile corpicino e l’altro, e soffia via e stringi non è rimasto che il vuoto, quello che la Storia edulcorata ci ha donato come casa, come se non ci avessimo mai abitato.
Come se non avessimo mai e a capo.
Abbiamo altresì mangiato sogni e incubi, senza riuscir più a coglierne la differenza.
Lo stesso abbiamo fatto con i sorrisi e i pianti.
Le giornate piacevoli e quelle brutte.
Le sensazioni gradevoli e quelle odiose.
Dev’essere un meccanismo inevitabile, quello secondo il quale sulla riva morbida del grande mare si alzano confini e muri ovunque, mentre da noi altri tutto si fonde e si confonde.
Sarà forse così che, alla fine della storia, tutto può essere mangiato.
Nel frattempo gli ultimi secondi scorrevano, ma questo non ci ha scoraggiato.
Anzi, tutt’altro.
Ecco ciò che ci accomuna davvero.
Quando inizi finalmente a trovare nutrimento non riesci a smettere.
E allora abbiamo mangiato il passato e anche con quest’ultimo non abbiamo fatto alcuna selezione.
Solo con un giorno in particolare abbiamo tutti esitato.
Perché quel dì, il primo, è stato quello delle promesse e delle speranze.
Del tutto è ancora possibile.
Beata, fuggevole ignoranza, vero?
Quando non avevi idea che la fine del racconto era già stata scritta da tempo.
Nondimeno, anche nei volumi più autorevoli del mondo esistono spazi di bianco, tra paragrafo e paragrafo, prima del proemio e dopo il prologo.
E’ lì che noi altri narriamo e leggiamo.
Nei secondi che restano.
E solo nell’ultimo tra essi.
Abbiamo smesso di perdere.
Che il cielo ci illumini come si deve, adesso.
Perché ora che abbiamo imparato a mangiare la nostra stessa vita.
Nessuno potrà più portarcela via…


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