Mancini contro Sarri e le scuse ai maschi
Storie e Notizie N. 1308
Scontro tra allenatori durante il recupero della partita di calcio tra Napoli e Inter di ieri sera. Mancini accusa Sarri di averlo chiamato f****o, mentre quest’ultimo dichiara di avergli chiesto scusa...
Mettiamo caso che.
Mettiamo caso che, al contrario, ovvero da un’altra angolazione, insomma, da dove vogliate guardare il tutto, la parola asterischizzata e ogni suo sinonimo siano sostituiti dal termine maschio.
E mettiamo pure di vivere su un pianeta dove i maschi siano la specie immonda.
Immaginate di essere maschi in quello stesso pianeta.
Malgrado definirsi maschi, in tutti i mondi possibili, alla fine dei giochi non voglia dire assolutamente nulla.
Nondimeno, assecondatemi.
Assecondatevi, assecondateci e via così assecondando.
Figuratevi di ritrovarvi, sin dal giorno in cui avete riconosciuto nell’espressione maschio la migliore approssimazione di quel che rappresenti la vostra identità di genere, nel vedere associata la medesima a ogni tipo di aberrazione, dileggio, patologia e vergogna.
Il tutto minimizzato, il più delle volte, con una frase che è ormai divenuta una sorta di scontato ritornello: “Io? Ma se ho un sacco di amici maschi, io…”
Che ti viene una voglia sfrenata di incontrarli tutti in una stessa stanza e chiedere loro: “Ma come c***o fate a essere amici suoi?!”
Adesso, per par condicio, dovrei scrivere qualcos’altro sulla seconda parola asterischizzata della storia, ma si farebbe troppa confusione.
E di confusione i maschi di questo racconto, ovvero coloro che in qualche modo si sentano evocati dalla metafora, ne hanno subita già troppa.
Una nube gravida, densa e disordinata. Un cloud, come si dice oggi, di aggettivi e motti, travisamenti e insulti. Un grumo nauseabondo, una marea di manipolazioni semantiche e strumentalizzazioni sintattiche da apparentemente ingenue lettere composte.
Hai voglia a soffiare via il tutto, per quanto orgoglioso sia il tuo petto.
Hai voglia a sperare che finalmente il vento si levi forte non solo del tuo, di fiato.
Hai voglia a voltarti puntualmente verso il lato cieco della stanza.
La nuvola bercia sgraziata e sbava imperterrita. E, malgrado i tuoi sforzi, diviene ancora più grande, abboffandosi addirittura pure con le farneticazioni di coloro che, in qualche modo, potrebbero chiudere una volta per tutte questo umiliante capitolo della narrazione umana.
Perché, tanto, chi ne porterà davvero il peso sulle spalle, nella pancia e nel cuore, sono sempre e solo loro.
I maschi, con tutto quel che di brutto ci permettiamo di evocare accanto a loro.
Ecco perché, tra i patetici duellanti, tra l’ennesima ingiuria e le solite giustificazioni, chiedo scusa a voi tutti.
Per tutte le volte che con una sola parola, convinto di aver insultato un’unica persona, ne ho in realtà offese a milioni...
Leggi anche il racconto della settimana: Mi sono svegliato
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Scontro tra allenatori durante il recupero della partita di calcio tra Napoli e Inter di ieri sera. Mancini accusa Sarri di averlo chiamato f****o, mentre quest’ultimo dichiara di avergli chiesto scusa...
Mettiamo caso che.
Mettiamo caso che, al contrario, ovvero da un’altra angolazione, insomma, da dove vogliate guardare il tutto, la parola asterischizzata e ogni suo sinonimo siano sostituiti dal termine maschio.
E mettiamo pure di vivere su un pianeta dove i maschi siano la specie immonda.
Immaginate di essere maschi in quello stesso pianeta.
Malgrado definirsi maschi, in tutti i mondi possibili, alla fine dei giochi non voglia dire assolutamente nulla.
Nondimeno, assecondatemi.
Assecondatevi, assecondateci e via così assecondando.
Figuratevi di ritrovarvi, sin dal giorno in cui avete riconosciuto nell’espressione maschio la migliore approssimazione di quel che rappresenti la vostra identità di genere, nel vedere associata la medesima a ogni tipo di aberrazione, dileggio, patologia e vergogna.
Il tutto minimizzato, il più delle volte, con una frase che è ormai divenuta una sorta di scontato ritornello: “Io? Ma se ho un sacco di amici maschi, io…”
Che ti viene una voglia sfrenata di incontrarli tutti in una stessa stanza e chiedere loro: “Ma come c***o fate a essere amici suoi?!”
Adesso, per par condicio, dovrei scrivere qualcos’altro sulla seconda parola asterischizzata della storia, ma si farebbe troppa confusione.
E di confusione i maschi di questo racconto, ovvero coloro che in qualche modo si sentano evocati dalla metafora, ne hanno subita già troppa.
Una nube gravida, densa e disordinata. Un cloud, come si dice oggi, di aggettivi e motti, travisamenti e insulti. Un grumo nauseabondo, una marea di manipolazioni semantiche e strumentalizzazioni sintattiche da apparentemente ingenue lettere composte.
Hai voglia a soffiare via il tutto, per quanto orgoglioso sia il tuo petto.
Hai voglia a sperare che finalmente il vento si levi forte non solo del tuo, di fiato.
Hai voglia a voltarti puntualmente verso il lato cieco della stanza.
La nuvola bercia sgraziata e sbava imperterrita. E, malgrado i tuoi sforzi, diviene ancora più grande, abboffandosi addirittura pure con le farneticazioni di coloro che, in qualche modo, potrebbero chiudere una volta per tutte questo umiliante capitolo della narrazione umana.
Perché, tanto, chi ne porterà davvero il peso sulle spalle, nella pancia e nel cuore, sono sempre e solo loro.
I maschi, con tutto quel che di brutto ci permettiamo di evocare accanto a loro.
Ecco perché, tra i patetici duellanti, tra l’ennesima ingiuria e le solite giustificazioni, chiedo scusa a voi tutti.
Per tutte le volte che con una sola parola, convinto di aver insultato un’unica persona, ne ho in realtà offese a milioni...
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