Storie sull'ambiente: il quesito di Borbolakiricokò
Storie e Notizie N. 1295
C’era una volta la conferenza sul clima.
Capi ovunque.
Di stato e di partito, di palesi come opportunamente tacite alleanze.
Di metropoli invidiate e di paesini invidiosi.
Anche solo capi.
Ovvero teste.
Coronate o meno.
Gli ultimi ad arrivare furono loro.
I due rappresentanti degli abitanti dell’isola di Borbolakiricokò, un uomo e una donna.
“Non siete sulla lista…” li informò l’usciere all’ingresso dell’elegante sala scelta per la riunione.
“Se è per questo non siamo neppure sulla mappa”, rispose l’uomo, un bassetto dalla carnagione olivastra, occhi azzurri a mandorla, capelli biondi rasta e pizzetto viola alla Johnny Depp versione punk. Un pot-pourri etnico, insomma.
“Nondimeno, la signora al mio fianco è la regina di Borbolakiricokò e siamo qui perché abbiamo a cuore il pianeta terra.”
L’usciere stava per liquidare i nostri, allorché la donna, un metro e novanta e cento chili diffusi senza risparmio, coda albina sul cranio lucido come uno specchio e occhiali sproporzionati alla Elton John nelle serate più eccessive, si limitò a schiarirsi la voce.
L’incaricato all’entrata fu scosso da un brivido che lo turbò alquanto.
“P-Prego…” farfugliò intimorito facendosi da parte.
I due oltrepassarono la soglia e invece di cercare l’eventuale targhetta con i loro nomi per accomodarsi - impossibile, visto che nessuno li attendeva - iniziarono ad avvicinare direttamente ciascuno dei colleghi.
Capi.
O teste pensanti, auspicabilmente.
A tutti i cosiddetti grandi della terra l’omino faceva lo stesso preambolo: “La regina ed io veniamo dall’isola di Borbolakiricokò e siamo qui perché abbiamo a cuore il pianeta terra.”
Quindi aggiungeva: “Noi siamo poveri e stiamo cercando qualcuno a cui affidare il futuro della terra.”
Poi poneva un quesito: “Mettiamo che io ti regali un libro e che al suo interno ci sia scritto il modo migliore per sopravvivere nel futuro. Cosa ne farai?”
Ci fu chi dichiarò che avrebbe studiato a fondo il volume per non ripetere gli errori già compiuti.
E chi avrebbe stanziato milioni di milioni per mettere in pratica le scoperte del libro.
Chi l’avrebbe fatto stampare con tirature record in modo che tutti avrebbero potuto beneficiarne.
E chi ne avrebbe fatto un kolossal in 3D.
Perché un libro può andare a ruba, ma il cinema invade il globo, cavolo!
Chi dissentì con fermezza sostenendo che la rete sarebbe stato il veicolo migliore per diffondere la salvifica novella.
Perché l’aggettivo virale è nato nel web, cavolo 2.0!
Ci furono quelli che intimarono ai due di abbassare la voce immediatamente.
Vuoi farti sentire dai cinesi?
Vuoi farti sentire dai russi?
Dagli americani?
Vuoi farti sentire da chi non tiene all’ambiente quanto noi?
“Ma è solo un quesito ipotetico”, spiegò l’omino a costoro, “il libro mica esiste davvero…”
Fu in quel momento che molti tra i presunti leader iniziarono a trattarli con condiscendenza e sarcasmo.
Così, la corpulenta regina di Borbolakiricokò e il suo basso accompagnatore abbandonarono afflitti la conferenza sul clima.
Avevano raggiunto il porto per imbarcarsi sulla loro nave, allorché una voce li chiamò alle spalle.
I due si voltarono e videro un bambino sui dieci anni, spettinato e con gli occhi infuocati di vita.
“Scusate… ma voi venite per caso dall’isola di Borbolakiricokò?”
“E tu come fai a conoscerla?”
“Perché era una storia che mi raccontava mio padre quand’ero piccolo. Voi dovreste essere la regina burbera e il suo piccolo amico.”
“Dov’è il tuo papà?”
“E’ morto per un tumore ai polmoni, lavorava in una miniera.”
L’omino guardò la regina in cerca di approvazione e quest’ultima grugnì.
Con gli occhi lucidi, grugnì affermativamente.
Lo stesso quesito dei grandi del mondo fu posto al bambino, che così rispose: “Prenderei il libro e, senza aprirlo, lo nasconderei nel luogo più prezioso del mondo, dove possa sopravvivere al tempo.”
“Perché?” chiese la regina innanzi agli occhi stupiti dell’omino, visto che non parlava dal ’73, quando aveva esclamato ahio dopo aver calpestato una tracina.
E le tracine al largo di Borbolakiricokò sono tre chili e mezzo, senza scherzi.
“Semplice”, rispose il bambino. “Perché così la gente del futuro potrà salvarsi.”
La sovrana e l’omino mostrarono un enorme sorriso.
“A te”, dissero quasi in coro.
“A te, giovane uomo, affideremo il domani della terra.”
Perché l’unica persona a cui vale la pena affidare il futuro.
E’ colui che saprà amarlo più del passato.
E del presente.
Leggi anche il racconto della settimana: L'importanza del bicchiere
Leggi altre storie e articoli sull'ambiente
Compra il mio ultimo libro, La truffa dei migranti, Tempesta Editore.
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C’era una volta la conferenza sul clima.
Capi ovunque.
Di stato e di partito, di palesi come opportunamente tacite alleanze.
Di metropoli invidiate e di paesini invidiosi.
Anche solo capi.
Ovvero teste.
Coronate o meno.
Gli ultimi ad arrivare furono loro.
I due rappresentanti degli abitanti dell’isola di Borbolakiricokò, un uomo e una donna.
“Non siete sulla lista…” li informò l’usciere all’ingresso dell’elegante sala scelta per la riunione.
“Se è per questo non siamo neppure sulla mappa”, rispose l’uomo, un bassetto dalla carnagione olivastra, occhi azzurri a mandorla, capelli biondi rasta e pizzetto viola alla Johnny Depp versione punk. Un pot-pourri etnico, insomma.
“Nondimeno, la signora al mio fianco è la regina di Borbolakiricokò e siamo qui perché abbiamo a cuore il pianeta terra.”
L’usciere stava per liquidare i nostri, allorché la donna, un metro e novanta e cento chili diffusi senza risparmio, coda albina sul cranio lucido come uno specchio e occhiali sproporzionati alla Elton John nelle serate più eccessive, si limitò a schiarirsi la voce.
L’incaricato all’entrata fu scosso da un brivido che lo turbò alquanto.
“P-Prego…” farfugliò intimorito facendosi da parte.
I due oltrepassarono la soglia e invece di cercare l’eventuale targhetta con i loro nomi per accomodarsi - impossibile, visto che nessuno li attendeva - iniziarono ad avvicinare direttamente ciascuno dei colleghi.
Capi.
O teste pensanti, auspicabilmente.
A tutti i cosiddetti grandi della terra l’omino faceva lo stesso preambolo: “La regina ed io veniamo dall’isola di Borbolakiricokò e siamo qui perché abbiamo a cuore il pianeta terra.”
Quindi aggiungeva: “Noi siamo poveri e stiamo cercando qualcuno a cui affidare il futuro della terra.”
Poi poneva un quesito: “Mettiamo che io ti regali un libro e che al suo interno ci sia scritto il modo migliore per sopravvivere nel futuro. Cosa ne farai?”
Ci fu chi dichiarò che avrebbe studiato a fondo il volume per non ripetere gli errori già compiuti.
E chi avrebbe stanziato milioni di milioni per mettere in pratica le scoperte del libro.
Chi l’avrebbe fatto stampare con tirature record in modo che tutti avrebbero potuto beneficiarne.
E chi ne avrebbe fatto un kolossal in 3D.
Perché un libro può andare a ruba, ma il cinema invade il globo, cavolo!
Chi dissentì con fermezza sostenendo che la rete sarebbe stato il veicolo migliore per diffondere la salvifica novella.
Perché l’aggettivo virale è nato nel web, cavolo 2.0!
Ci furono quelli che intimarono ai due di abbassare la voce immediatamente.
Vuoi farti sentire dai cinesi?
Vuoi farti sentire dai russi?
Dagli americani?
Vuoi farti sentire da chi non tiene all’ambiente quanto noi?
“Ma è solo un quesito ipotetico”, spiegò l’omino a costoro, “il libro mica esiste davvero…”
Fu in quel momento che molti tra i presunti leader iniziarono a trattarli con condiscendenza e sarcasmo.
Così, la corpulenta regina di Borbolakiricokò e il suo basso accompagnatore abbandonarono afflitti la conferenza sul clima.
Avevano raggiunto il porto per imbarcarsi sulla loro nave, allorché una voce li chiamò alle spalle.
I due si voltarono e videro un bambino sui dieci anni, spettinato e con gli occhi infuocati di vita.
“Scusate… ma voi venite per caso dall’isola di Borbolakiricokò?”
“E tu come fai a conoscerla?”
“Perché era una storia che mi raccontava mio padre quand’ero piccolo. Voi dovreste essere la regina burbera e il suo piccolo amico.”
“Dov’è il tuo papà?”
“E’ morto per un tumore ai polmoni, lavorava in una miniera.”
L’omino guardò la regina in cerca di approvazione e quest’ultima grugnì.
Con gli occhi lucidi, grugnì affermativamente.
Lo stesso quesito dei grandi del mondo fu posto al bambino, che così rispose: “Prenderei il libro e, senza aprirlo, lo nasconderei nel luogo più prezioso del mondo, dove possa sopravvivere al tempo.”
“Perché?” chiese la regina innanzi agli occhi stupiti dell’omino, visto che non parlava dal ’73, quando aveva esclamato ahio dopo aver calpestato una tracina.
E le tracine al largo di Borbolakiricokò sono tre chili e mezzo, senza scherzi.
“Semplice”, rispose il bambino. “Perché così la gente del futuro potrà salvarsi.”
La sovrana e l’omino mostrarono un enorme sorriso.
“A te”, dissero quasi in coro.
“A te, giovane uomo, affideremo il domani della terra.”
Perché l’unica persona a cui vale la pena affidare il futuro.
E’ colui che saprà amarlo più del passato.
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