Storie di razzismo in Italia: vorrei un giorno
Storie e Notizie N. 1294
Leggo che in Emilia, Lombardia e altre città al nord sono state poste sagome tricolori di cadaveri e manifesti contro lo ius soli.
Un giorno.
Mi basterebbe un solo giorno.
Un giorno in cui saremo tutti disabili.
No, non diversamente abili, che è un tollerato eufemismo per evocare l’ennesima meraviglia umana.
Disabili, intendo proprio disabili.
Privi di abilità normalmente sprecate.
Svilite quanto sottovalutate.
Tutti ciechi, quindi.
Benché per un solo giorno, tutti incapaci di accusare le carnagioni colpevoli.
Tutti impossibilitati a stracciarsi le vesti innanzi agli abiti ritenuti scandalosi.
E nessuno in grado di approfittare delle vulnerabili forme altrui per coprire ancora una volta l’inconfessata viltà.
Tutti irraggiungibili dalle parole scritte rigorosamente voltando le spalle al cuore. Lontani dalle frasi deliranti disarcionate per ventiquattro ore dal sadico destriero che chiamiamo informazione, che non manca occasione di cavalcare impietoso sui terreni più indifesi.
Tutti sordi, perciò.
E sebbene per un solo giorno, tutti indifferenti alle tempestive urla del parassita di professione, sempre pronto a gettarsi sul mostro che lui stesso ha disegnato.
D’accordo, niente musiche celestiali e melodie naturali.
Silenzio, assoluta assenza di suoni.
Parentesi vuota tra un rumore e l’altro.
In altre parole, un dono straordinario.
Per un giorno.
Tutti paralizzati, allora.
Perfettamente immobili.
Perfetti, fino a prova contraria. Inevitabile dimostrazione che tornerà puntuale per ognuno di noi alla fine del sogno.
Ma per un giorno, nessuno potrà abusare di qualcuno.
E nessuno potrà respingere qualcun altro.
Nessuno potrà scansarsi laddove il giusto dito lo chiamerà a rispondere.
E nessuno potrà addirittura metterci qualcun altro.
Al proprio posto.
Nessuno potrà iniziare nuove guerre.
E tutti dovremo aspettare.
Per ricominciare a combattere.
O smettere di farlo.
Una volta per tutte.
Un giorno, solo un giorno, non chiedo di più.
Per poi svegliarci.
Vedere, sentire, camminare.
E magari volare.
Come avremmo dovuto fare tutti.
Fin dall’inizio...
Leggi anche il racconto della settimana: L'importanza del bicchiere
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Leggo che in Emilia, Lombardia e altre città al nord sono state poste sagome tricolori di cadaveri e manifesti contro lo ius soli.
Un giorno.
Mi basterebbe un solo giorno.
Un giorno in cui saremo tutti disabili.
No, non diversamente abili, che è un tollerato eufemismo per evocare l’ennesima meraviglia umana.
Disabili, intendo proprio disabili.
Privi di abilità normalmente sprecate.
Svilite quanto sottovalutate.
Tutti ciechi, quindi.
Benché per un solo giorno, tutti incapaci di accusare le carnagioni colpevoli.
Tutti impossibilitati a stracciarsi le vesti innanzi agli abiti ritenuti scandalosi.
E nessuno in grado di approfittare delle vulnerabili forme altrui per coprire ancora una volta l’inconfessata viltà.
Tutti irraggiungibili dalle parole scritte rigorosamente voltando le spalle al cuore. Lontani dalle frasi deliranti disarcionate per ventiquattro ore dal sadico destriero che chiamiamo informazione, che non manca occasione di cavalcare impietoso sui terreni più indifesi.
Tutti sordi, perciò.
E sebbene per un solo giorno, tutti indifferenti alle tempestive urla del parassita di professione, sempre pronto a gettarsi sul mostro che lui stesso ha disegnato.
D’accordo, niente musiche celestiali e melodie naturali.
Silenzio, assoluta assenza di suoni.
Parentesi vuota tra un rumore e l’altro.
In altre parole, un dono straordinario.
Per un giorno.
Tutti paralizzati, allora.
Perfettamente immobili.
Perfetti, fino a prova contraria. Inevitabile dimostrazione che tornerà puntuale per ognuno di noi alla fine del sogno.
Ma per un giorno, nessuno potrà abusare di qualcuno.
E nessuno potrà respingere qualcun altro.
Nessuno potrà scansarsi laddove il giusto dito lo chiamerà a rispondere.
E nessuno potrà addirittura metterci qualcun altro.
Al proprio posto.
Nessuno potrà iniziare nuove guerre.
E tutti dovremo aspettare.
Per ricominciare a combattere.
O smettere di farlo.
Una volta per tutte.
Un giorno, solo un giorno, non chiedo di più.
Per poi svegliarci.
Vedere, sentire, camminare.
E magari volare.
Come avremmo dovuto fare tutti.
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