Storie di immigrati: I migranti e l’orso polare
Storie e Notizie N. 1274
Decisi ad attraversare l’Eurotunnel e raggiungere il Regno Unito, quattro uomini sono saliti su un camion a Calais, in Francia, e si sono trovati di fronte un orso polare in gabbia.
Uno di loro è fuggito, mentre i tre rimasti sono stati poi intercettati e arrestati.
L’animale, di nome Nissan, è giunto in seguito a destinazione, il parco naturale dello Yorkshire, per unirsi ad altri due orsi, Victor e Pixel.
Ai quali pare abbia raccontato la seguente storia…
C’erano una volta tre migranti.
I tre migranti erano in realtà quattro.
Anzi, a dirla tutta, non ho idea se fossero migranti.
O in qualsiasi altro modo gli umani amino chiamarsi l’un l’altro.
Distinguersi.
Al peggio, allontanarsi.
Quattro di loro son saliti.
E solo tre son rimasti.
Peccato, pensai.
Chissà cos’avrebbe avuto da raccontare il quarto.
Che volete farci.
Come voi ben sapete, noi anime ingombranti, che si viaggia da un polo all’altro del pianeta solo contro voglia, siamo sempre lì, con la testa.
Sulla sedia vuota in classe, sul posto vuoto nella folla.
Sull’orizzonte che manca.
A ogni modo, mi accontentai.
Meglio tre che due.
Figuriamoci quanto meglio di niente.
“Coraggio, sono tutt’orecchi”, dissi nella nostra lingua, quella che tanto dice quanto è poca la speranza.
Che venga compresa.
Ma gli occhi fanno il resto, come diceva mamma e io, non faccio per vantarmi, ho due pupille chiacchierone da assordare il Camp Nou gremito sino a scoppiare.
Niente, neanche un fiato.
Vuoi vedere che l’unico che avesse qualcosa da dire fosse proprio il quarto della banda?
Tuttavia, non appena osservai con la giusta attenzione il volto dei miei nuovi compagni di viaggio lessi l’inaspettato.
Paura.
Ma anche strenuo coraggio.
Stanchezza.
Ma pure indomita forza di volontà.
Tristezza.
Ma perfino uno strano tipo di ottimismo.
Quello di chi disegni luce davanti a sé malgrado la notte più lunga dell’anno sia solo all’inizio.
Perché?
Mi sono chiesto e ancora mi chiedo.
Perché?
Perché quella paura e quella stanchezza?
Perché quella tristezza?
Sarà forse perché a differenza di loro siamo bianchi?
O magari sarà per quello che gli hanno raccontato di noi?
Che potremmo far loro del male?
La verità è che loro e solo loro sono quelli liberi.
Adesso siamo in gabbia, ma un tempo lo eravamo anche noi.
Il vero problema di questo mondo.
Sono tutti gli altri…
Leggi anche il racconto di questa settimana, storia d’amore: Ma non mi dire e Ma dai
Leggi altre storie e articoli sui migranti
Vieni ad ascoltarmi dal vivo Sabato 24 Ottobre ore 21, Teatro Planet, Via Crema 14, Roma: La truffa dei migranti, spettacolo di teatro narrazione, presentazione dell'omonimo libro (informazioni)
Decisi ad attraversare l’Eurotunnel e raggiungere il Regno Unito, quattro uomini sono saliti su un camion a Calais, in Francia, e si sono trovati di fronte un orso polare in gabbia.
Uno di loro è fuggito, mentre i tre rimasti sono stati poi intercettati e arrestati.
L’animale, di nome Nissan, è giunto in seguito a destinazione, il parco naturale dello Yorkshire, per unirsi ad altri due orsi, Victor e Pixel.
Ai quali pare abbia raccontato la seguente storia…
C’erano una volta tre migranti.
I tre migranti erano in realtà quattro.
Anzi, a dirla tutta, non ho idea se fossero migranti.
O in qualsiasi altro modo gli umani amino chiamarsi l’un l’altro.
Distinguersi.
Al peggio, allontanarsi.
Quattro di loro son saliti.
E solo tre son rimasti.
Peccato, pensai.
Chissà cos’avrebbe avuto da raccontare il quarto.
Che volete farci.
Come voi ben sapete, noi anime ingombranti, che si viaggia da un polo all’altro del pianeta solo contro voglia, siamo sempre lì, con la testa.
Sulla sedia vuota in classe, sul posto vuoto nella folla.
Sull’orizzonte che manca.
A ogni modo, mi accontentai.
Meglio tre che due.
Figuriamoci quanto meglio di niente.
“Coraggio, sono tutt’orecchi”, dissi nella nostra lingua, quella che tanto dice quanto è poca la speranza.
Che venga compresa.
Ma gli occhi fanno il resto, come diceva mamma e io, non faccio per vantarmi, ho due pupille chiacchierone da assordare il Camp Nou gremito sino a scoppiare.
Niente, neanche un fiato.
Vuoi vedere che l’unico che avesse qualcosa da dire fosse proprio il quarto della banda?
Tuttavia, non appena osservai con la giusta attenzione il volto dei miei nuovi compagni di viaggio lessi l’inaspettato.
Paura.
Ma anche strenuo coraggio.
Stanchezza.
Ma pure indomita forza di volontà.
Tristezza.
Ma perfino uno strano tipo di ottimismo.
Quello di chi disegni luce davanti a sé malgrado la notte più lunga dell’anno sia solo all’inizio.
Perché?
Mi sono chiesto e ancora mi chiedo.
Perché?
Perché quella paura e quella stanchezza?
Perché quella tristezza?
Sarà forse perché a differenza di loro siamo bianchi?
O magari sarà per quello che gli hanno raccontato di noi?
Che potremmo far loro del male?
La verità è che loro e solo loro sono quelli liberi.
Adesso siamo in gabbia, ma un tempo lo eravamo anche noi.
Il vero problema di questo mondo.
Sono tutti gli altri…
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