Storie di razzismo a scuola: L’orologio di Ahmed
Storie e Notizie N. 1261
In una scuola del Texas un ragazzino di 14 anni di nome Ahmed Mohamed è stato arrestato per aver portato in classe un orologio digitale da lui costruito, scambiato per una bomba…
Da qualche parte c’è un cassetto.
Ho una vaga idea di quanto sia capiente.
E non ne ho alcuna di quante cose nasconda.
Cose.
Di unicità e meraviglia composte.
Chiamale invenzioni.
Chiamale roba normale, per chi banale non è e mai sarà.
Chiamale pure bombe.
Poiché per quanto ti sforzerai di disattivare l’amore per il cambiamento dell’uno che sollevi in volo tutti gli altri non otterrai altro risultato.
Che rendere la fiamma sulla miccia.
Più grande.
Più grande ancora.
Finché nessuno potrà più far finta che non esista.
Ci sono ovviamente scanditori di attimi partoriti da quelli come Ahmed, anime a briglia sciolta, colpevoli solo di inginocchiarsi verso il lato inammissibile del cielo.
Ma ci sono anche gli altri, nel cassetto, a riposare.
A sognare.
Noi.
C’è uno specchio che riflette solo emozioni represse e sentimenti invincibili, creato da una giovane dalla sessualità proibita fondendo insieme cuori sopravvissuti alla terza guerra mondiale iniziata già da tempo.
Quella dei pochi uguali che si credono molti, contro il diverso ignaro di essere tra i più.
E c’è anche l’opera di un bruno fanciullo reo di esser nota stonata sul bianco pentagramma, ovvero una maschera di pelle fragile, frantumabile al solo pensiero, capace di tingersi dell’unico colore che neppure una vita intera mostrerà.
Quello del desiderio che mai realizzerai, ma che al contempo inseguirai.
Fino all’ultimo dei giorni.
Di quella vita stessa.
Nel cassetto c’è pure una normale penna.
Già, solo questo.
Zero pindarici balzi, stavolta, perché la realtà disegna quel che vedi.
Prendila, coraggio e inizia a scrivere quel che rallegri lì dove duole.
Perché questo dona l’inchiostro del bambino che l’ha ideata.
Sollievo dove brucia quel che mai dovrebbe essere anche solo sfiorato.
Tuttavia, non dimenticare di rimetterla al suo posto.
Perché il piccolo che è caduto vittima dell’amore che dilania l’ha fatta per se stesso.
Ma questo non vuol dire che non sia generoso.
A volte.
Questa è la storia di un cassetto.
So poco di quanto sia vasto il suo ventre.
E ne so anche meno di quante cose puoi trovarci.
Cose.
Da rimpianti e illusioni alimentate.
Sarebbero state invenzioni.
Sarebbe stata roba comune, per chi scontato non è e mai sarà.
Sarebbero state perfino uno strano tipo di bombe.
E il giorno in cui tali presunti ordigni sarebbero deflagrati.
Avresti ceduto qualsiasi istante del tuo tempo.
Per poter star lì.
A godere dello spettacolo.
Della mancata.
Esplosione.
Leggi altre storie di razzismo
In una scuola del Texas un ragazzino di 14 anni di nome Ahmed Mohamed è stato arrestato per aver portato in classe un orologio digitale da lui costruito, scambiato per una bomba…
Da qualche parte c’è un cassetto.
Ho una vaga idea di quanto sia capiente.
E non ne ho alcuna di quante cose nasconda.
Cose.
Di unicità e meraviglia composte.
Chiamale invenzioni.
Chiamale roba normale, per chi banale non è e mai sarà.
Chiamale pure bombe.
Poiché per quanto ti sforzerai di disattivare l’amore per il cambiamento dell’uno che sollevi in volo tutti gli altri non otterrai altro risultato.
Che rendere la fiamma sulla miccia.
Più grande.
Più grande ancora.
Finché nessuno potrà più far finta che non esista.
Ci sono ovviamente scanditori di attimi partoriti da quelli come Ahmed, anime a briglia sciolta, colpevoli solo di inginocchiarsi verso il lato inammissibile del cielo.
Ma ci sono anche gli altri, nel cassetto, a riposare.
A sognare.
Noi.
C’è uno specchio che riflette solo emozioni represse e sentimenti invincibili, creato da una giovane dalla sessualità proibita fondendo insieme cuori sopravvissuti alla terza guerra mondiale iniziata già da tempo.
Quella dei pochi uguali che si credono molti, contro il diverso ignaro di essere tra i più.
E c’è anche l’opera di un bruno fanciullo reo di esser nota stonata sul bianco pentagramma, ovvero una maschera di pelle fragile, frantumabile al solo pensiero, capace di tingersi dell’unico colore che neppure una vita intera mostrerà.
Quello del desiderio che mai realizzerai, ma che al contempo inseguirai.
Fino all’ultimo dei giorni.
Di quella vita stessa.
Nel cassetto c’è pure una normale penna.
Già, solo questo.
Zero pindarici balzi, stavolta, perché la realtà disegna quel che vedi.
Prendila, coraggio e inizia a scrivere quel che rallegri lì dove duole.
Perché questo dona l’inchiostro del bambino che l’ha ideata.
Sollievo dove brucia quel che mai dovrebbe essere anche solo sfiorato.
Tuttavia, non dimenticare di rimetterla al suo posto.
Perché il piccolo che è caduto vittima dell’amore che dilania l’ha fatta per se stesso.
Ma questo non vuol dire che non sia generoso.
A volte.
Questa è la storia di un cassetto.
So poco di quanto sia vasto il suo ventre.
E ne so anche meno di quante cose puoi trovarci.
Cose.
Da rimpianti e illusioni alimentate.
Sarebbero state invenzioni.
Sarebbe stata roba comune, per chi scontato non è e mai sarà.
Sarebbero state perfino uno strano tipo di bombe.
E il giorno in cui tali presunti ordigni sarebbero deflagrati.
Avresti ceduto qualsiasi istante del tuo tempo.
Per poter star lì.
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