Storie di immigrati: perdonateci
Storie e Notizie N. 1251
“Lo capisco, sei estremamente simpatica, ma nei campi profughi palestinesi in Libano ci sono migliaia e migliaia di persone e non siamo in grado di far venire tutti.”
Parole e musica di Angela Merkel ad una ragazzina, rifugiata palestinese, che un attimo prima le confida di non sapere se potrà restare in Germania, insieme al proprio disagio nel vedere i suoi coetanei in grado di vivere la propria vita.
A differenza di lei.
Poi arrivano le lacrime e tutto si blocca…
Perdonateci.
Perdonateci tutti, voi che guardate da lontano.
O da vicino, anche se per noi non fa differenza.
Non è un fatto personale.
Se non riusciamo più a vedere.
Voi, noi, te, io.
Loro, tutte, tutti.
Eppure le parole abbondano ed evadono senza interruzione.
Come non siamo in grado di far venire tutti.
Aiutateli a casa loro.
Io non sono razzista ma.
Ognuno resti al paese suo.
L’Italia agli italiani, la Germania ai tedeschi e la Francia ai francesi.
L’Europa agli europei.
E l’Africa agli africani…
Be, questa magari la togliamo, altrimenti non avreste mai avuto alcun motivo per esistere nei nostri deliranti incubi ad occhi aperti.
Perdonateci, è che parliamo e scriviamo come pensiamo.
Con il cuore bendato e la pancia stritolata.
Da tempo immemore non siamo più abituati.
A noi, voi, io, te.
Essi, tutti, tutte.
E ogni possibile coniugazione dell’umano esistere.
E’ un inganno, è vero.
Volgari parole e miscugli di quest’ultime viaggiano copiosamente in maniera equanime, dalle autorevoli pagine e le prestigiose labbra al meno nobile vomitatore sulla via, ma prima o poi dovrete imparare che sono illusorie quanto inerti note.
Come la suoneria del cellulare e il cigolio della porta, lo sfrigolio della caffettiera sui fornelli e il calpestio di tacchi importanti, perfino il respiro affannato e il fragore di una risata.
Sembra roba umana, ma non è affatto detto che ce ne sia ancora, da qualche parte.
Di roba umana.
Ecco perché laddove ci troviamo innanzi ad un viso bagnato dal pianto, gli occhi umidi di vero dolore e la voce spezzata dalla medesima sofferenza, l’orrida ruota panoramica si arresta.
Vi chiediamo perdono.
Abbiamo sempre parlato tanto di voi.
Ma la realtà è che non abbiamo la più pallida idea di cosa voglia dire.
Essere voi...
Leggi altre storie e articoli sui migranti
“Lo capisco, sei estremamente simpatica, ma nei campi profughi palestinesi in Libano ci sono migliaia e migliaia di persone e non siamo in grado di far venire tutti.”
Parole e musica di Angela Merkel ad una ragazzina, rifugiata palestinese, che un attimo prima le confida di non sapere se potrà restare in Germania, insieme al proprio disagio nel vedere i suoi coetanei in grado di vivere la propria vita.
A differenza di lei.
Poi arrivano le lacrime e tutto si blocca…
Perdonateci.
Perdonateci tutti, voi che guardate da lontano.
O da vicino, anche se per noi non fa differenza.
Non è un fatto personale.
Se non riusciamo più a vedere.
Voi, noi, te, io.
Loro, tutte, tutti.
Eppure le parole abbondano ed evadono senza interruzione.
Come non siamo in grado di far venire tutti.
Aiutateli a casa loro.
Io non sono razzista ma.
Ognuno resti al paese suo.
L’Italia agli italiani, la Germania ai tedeschi e la Francia ai francesi.
L’Europa agli europei.
E l’Africa agli africani…
Be, questa magari la togliamo, altrimenti non avreste mai avuto alcun motivo per esistere nei nostri deliranti incubi ad occhi aperti.
Perdonateci, è che parliamo e scriviamo come pensiamo.
Con il cuore bendato e la pancia stritolata.
Da tempo immemore non siamo più abituati.
A noi, voi, io, te.
Essi, tutti, tutte.
E ogni possibile coniugazione dell’umano esistere.
E’ un inganno, è vero.
Volgari parole e miscugli di quest’ultime viaggiano copiosamente in maniera equanime, dalle autorevoli pagine e le prestigiose labbra al meno nobile vomitatore sulla via, ma prima o poi dovrete imparare che sono illusorie quanto inerti note.
Come la suoneria del cellulare e il cigolio della porta, lo sfrigolio della caffettiera sui fornelli e il calpestio di tacchi importanti, perfino il respiro affannato e il fragore di una risata.
Sembra roba umana, ma non è affatto detto che ce ne sia ancora, da qualche parte.
Di roba umana.
Ecco perché laddove ci troviamo innanzi ad un viso bagnato dal pianto, gli occhi umidi di vero dolore e la voce spezzata dalla medesima sofferenza, l’orrida ruota panoramica si arresta.
Vi chiediamo perdono.
Abbiamo sempre parlato tanto di voi.
Ma la realtà è che non abbiamo la più pallida idea di cosa voglia dire.
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