Storie di bambini: il lavoro di mio padre
Storie e Notizie N. 1226
Proprio in questo momento, in Colombia, i soccorritori stanno cercando di trarre in salvo diciassette minatori rimasti intrappolati in una miniera d’oro allagata.
Pare che abbiano non più di tre giorni di tempo...
C’era una volta una scuola.
Una scuola normale, tutt’altro che favorita.
Dal destino come dall’amministratore di turno della cosiddetta cosa pubblica.
Nella scuola normale c’era una classe altrettanto ordinaria.
D’altra parte, normale o d’eccellenza che sia, laddove vi sia una classe ecco che spunta una maestra e loro.
I figli dei grandi.
Di madri, è ovvio.
Della vita in genere, di ogni tinta e profilo, laddove riesca a sopravvivere alle ottenebrate briglie di sua altezza la morale imperante.
E ovviamente di padri.
“Che lavoro fa il vostro papà?” domandò l’insegnante.
“Nostro padre riempie il piatto del prossimo”, risposero baldanzosi i figli dei camerieri.
“Il nostro papà, invece, erige giaciglio e riparo alle vite altrui”, dichiararono con ardore i figli dei muratori.
“Nostro padre è un cacciatore di futuri possibili”, confessarono emozionati i figli dei migranti.
“Il nostro papà, invece, cerca di vincere la partita malgrado l’arbitro abbia già fischiato la fine e sancito la sconfitta”, asserirono con orgoglio i figli dei disoccupati.
“Nostro padre sta tornando, appena farà giorno sarà qui”, giurarono ottimisti i figli dei detenuti.
“Il nostro papà, invece, non tornerà, siamo noi altri a tornare da lui”, spiegarono con autorevolezza i figli dei divorziati.
“Nostro padre non tornerà mai a prescindere da quello che faremo noi altri, ma questo non vuol dire che resteremo in silenzio”, esclamarono coraggiosamente i figli orfani.
“Il nostro papà è meglio che non torni affatto, ovunque egli sia”, mormorarono lucidamente i figli dei padri molesti.
“Nostro padre siamo noi”, sostenerono i figli dei padri immaturi.
“Il nostro papà è il vero Robin Hood dell’umanità: ruba alla natura per sfamare i propri simili”, urlarono in coro i figli dei lavoratori della terra.
“Nostro padre, invece, è il Jack Sparrow più invincibile che esista: riesce a trovare tesori tra i flutti con una spada fatta di reti”, replicarono convinti i figli dei lavoratori del mare.
“E voi?” chiese la maestra all’ultimo gruppo di bambini. “Che lavoro fa vostro padre?”
Uno tra tutti si levò in piedi.
Lì in fondo.
Agli ultimi banchi.
Solitamente regione tra le più indisciplinate e al contempo misteriose.
Dove l’occhio al di là delle cattedre di questo mondo arriva solo per sgridare.
O, talvolta, per amore.
“Il nostro papà di lavoro muore”, disse speranzoso uno dei figli dei minatori, “ma forse oggi no.”
Stai a vedere che li salvano?
Proprio in questo momento, in Colombia, i soccorritori stanno cercando di trarre in salvo diciassette minatori rimasti intrappolati in una miniera d’oro allagata.
Pare che abbiano non più di tre giorni di tempo...
C’era una volta una scuola.
Una scuola normale, tutt’altro che favorita.
Dal destino come dall’amministratore di turno della cosiddetta cosa pubblica.
Nella scuola normale c’era una classe altrettanto ordinaria.
D’altra parte, normale o d’eccellenza che sia, laddove vi sia una classe ecco che spunta una maestra e loro.
I figli dei grandi.
Di madri, è ovvio.
Della vita in genere, di ogni tinta e profilo, laddove riesca a sopravvivere alle ottenebrate briglie di sua altezza la morale imperante.
E ovviamente di padri.
“Che lavoro fa il vostro papà?” domandò l’insegnante.
“Nostro padre riempie il piatto del prossimo”, risposero baldanzosi i figli dei camerieri.
“Il nostro papà, invece, erige giaciglio e riparo alle vite altrui”, dichiararono con ardore i figli dei muratori.
“Nostro padre è un cacciatore di futuri possibili”, confessarono emozionati i figli dei migranti.
“Il nostro papà, invece, cerca di vincere la partita malgrado l’arbitro abbia già fischiato la fine e sancito la sconfitta”, asserirono con orgoglio i figli dei disoccupati.
“Nostro padre sta tornando, appena farà giorno sarà qui”, giurarono ottimisti i figli dei detenuti.
“Il nostro papà, invece, non tornerà, siamo noi altri a tornare da lui”, spiegarono con autorevolezza i figli dei divorziati.
“Nostro padre non tornerà mai a prescindere da quello che faremo noi altri, ma questo non vuol dire che resteremo in silenzio”, esclamarono coraggiosamente i figli orfani.
“Il nostro papà è meglio che non torni affatto, ovunque egli sia”, mormorarono lucidamente i figli dei padri molesti.
“Nostro padre siamo noi”, sostenerono i figli dei padri immaturi.
“Il nostro papà è il vero Robin Hood dell’umanità: ruba alla natura per sfamare i propri simili”, urlarono in coro i figli dei lavoratori della terra.
“Nostro padre, invece, è il Jack Sparrow più invincibile che esista: riesce a trovare tesori tra i flutti con una spada fatta di reti”, replicarono convinti i figli dei lavoratori del mare.
“E voi?” chiese la maestra all’ultimo gruppo di bambini. “Che lavoro fa vostro padre?”
Uno tra tutti si levò in piedi.
Lì in fondo.
Agli ultimi banchi.
Solitamente regione tra le più indisciplinate e al contempo misteriose.
Dove l’occhio al di là delle cattedre di questo mondo arriva solo per sgridare.
O, talvolta, per amore.
“Il nostro papà di lavoro muore”, disse speranzoso uno dei figli dei minatori, “ma forse oggi no.”
Stai a vedere che li salvano?
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