Storie di immigrati: Il bambino nascosto nel trolley

Storie e Notizie N. 1223

Leggo che un bimbo ivoriano di otto anni di nome Abou è stato fermato in Spagna alla frontiera della città di Ceuta.
Era nascosto in una valigia.
Un trolley…

C’era una volta un trolley.
Un trolley magico.
Che fa scomparire le cose.
E affinché la magia funzioni occorre fiducia.
Perché quando tutto riappare.
Il mondo deve per forza esser più bello di prima.
Nel trolley magico c’era nascosto un bambino.
E fin qui, sgomento negli occhi e nel cuore.
Al netto dell’ultimo scampolo di umanità rimasta.
Ma son qui a rivelarvi che nel bambino nascosto nel trolley vi era celato un altro bambino.
Una bimba, per la precisione.
Più piccola, indubbiamente.
Ma con aspirazioni non meno autorevoli.
Tra le molte la sola nelle vesti di sogno tra i più improbabili.
Quello di essere il bambino più grande.
Nascosto nel trolley.
Nondimeno, il racconto non è parco di confidenze ed ecco che mi ritrovo ad aggiungere l’inusitato.
Nella bimba che sognava di essere il bambino nascosto nel trolley si erano occultati altri due bimbi.
Ancora più piccoli, per soddisfare i fissati con le dimensioni in ascolto.
Due gemelli, a dirla tutta.
Ma non come i gemelli comuni.
Che non sono mai davvero precisi.
I nostri erano identici, letteralmente e mai tale parola fu più azzeccata.
Poiché, allorché occorresse una prova indiscutibile della loro uguaglianza, essa risiedeva proprio nelle parole.
In particolare, tutte quelle che avevano a che fare con il solo specchio in cui le tenere esistenze di questo mondo adorino guardarsi.
Ogni futuro, anteriore e soprattutto prossimo.
Tutti i domani plausibili, ma anche no.
La settimana ventura e il mese successivo.
L’anno che vivremo.
Io e te, fratello.
Tu ed io, sorella.
Che meraviglia laddove fossero sufficienti le medesime parole per sentirsi vicini.
Nondimeno, la narrazione ha ancora fame di pagine ed eccomi a confessare che si era nascosta un'altra vita all’interno dei due piccoli.
E’ inutile che dica quale dei due, tanto sono uguali.
Anzi, lo sapete che c’è?
Non vi dirò neppure di che tipo di vita si tratti.
Femmina, maschio, o quant’altro.
Occidentale, ovvero piovuto da ciascuno degli infiniti punti cardinali. Sì, infiniti, altro che quattro, perché nelle storie le destinazioni sono innumerabili.
Nero, ma anche no. E riempite pure quel no con ogni tonalità vi renderà più agevole guardare.
Umana, una parola per il tutto.
Nella creatura che vive in uno dei due bambini, ma non conta quale.
Nascosti nella bimba che sogna.
Di essere il primo bambino.
Vi basti sapere che da qualche parte c’è vita, là dentro.
Perfino nei trolley…



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