Storie sulla diversità: il regno contro natura
Storie e Notizie N. 1225
Il 17 maggio si celebra la Giornata internazionale contro l'omofobia, la bifobia e la transfobia.
C’era una volta un regno.
Essendo un regno, a capo di quest’ultimo, c’era un re.
Un re che aveva preso molto sul serio l’essere un re.
Diciamo pure moltissimo.
Infinitamente tanto.
Il re che aveva preso molto sul serio se stesso, diciamo pure moltissimamente tanto, decise un giorno di mettere la parola fine.
A che cosa, direte voi.
Ebbene, il sovrano non ne poteva più di tutto questo permissivista relativismo con l’ossessione per la deriva morale e la trasgressione lussuriosa, ecco.
Era il re e il regno è del re, fino a prova contraria, questo pensò guardandosi allo specchio quel mattino.
Così, fece un editto.
Qualunque cittadino venisse sorpreso nel compiere atti contro natura sarebbe stato giustiziato all’istante.
Il sommo giudice del regno, che era un tipo pignolo e integerrimo, casa tribunale casa, si impegnò a far rispettare l’editto in sei giorni.
Alla lettera.
Quello che seguì fu un vero genocidio.
Il primo giorno furono sterminati tutti gli aviatori e ciascun paracadutista, le hostess e gli steward, i piloti di aeromobili di ogni sorta e gli astronauti, quelli che si dilettavano con il deltaplano e anche quelli che preferivano mongolfiere e dirigibili ai velivoli a motore.
Perché gli umani non sono creature volatili.
Perché volare è contro natura.
Il secondo giorno vennero trucidati tutti gli atleti più incredibili, ovvero coloro che, a qualsiasi specialità si dedicassero, si erano distinti in record e primati mondiali.
Perché laddove l’uomo si arroghi il presunto diritto di superare l’umano confine.
Vuol dire che sta osando combattere contro la propria stessa natura.
Il terzo giorno furono ammazzati tutti gli artisti, qualunque fosse la disciplina con cui amassero esprimersi.
Narratori e poetesse, danzatrici e cantautori, pittori e perfino virtuose del graffito, ciascuna anima votata alla nobile invenzione fu spazzata via.
Perché l’arte è vita.
E perché creare vita non è roba da mortali.
Quindi estremamente contro natura.
Il quarto giorno toccò ai sognatori ad occhi aperti di venire assassinati, perlomeno quelli che erano sopravvissuti alle precedenti uccisioni.
Perché natura vuole che si sogni ad occhi chiusi, al riparo del sonno.
E perché immaginare alternative all’umana realtà, addirittura cambiando scenari, protagonisti ed esito della storia, è pericoloso.
Si finisce di voler cambiare troppo.
Con il rischio di smettere di sognare e pensare di cambiarlo davvero.
Il mondo.
Questo è un privilegio degli dei.
Ergo, contro natura.
Il quinto giorno fu il più difficile tra tutti, perché il sommo giudice si convinse che, seguendo la logica del suo stesso fare, avrebbe dovuto uccidere tutti i bambini.
Perché ciascuno di loro si macchiava di ogni peccato precedente.
Perché tutti i bambini desiderano volare e correre come il vento, creare il mondo che più li renda felici ammirandolo con occhi perennemente sognanti.
I bambini sono quindi contro natura.
Il sesto giorno, con le mani grondanti sangue dopo aver soppresso tutto il popolo, il giudice si recò dal re.
“Hai fatto quello che ti ho ordinato?” chiese il sovrano.
“Sì, mio re, ho quasi terminato.”
“E cosa ti manca?”
Il giudice uccise il re.
E poi si tolse la vita.
Perché si rammentò che c’era stato un tempo.
In cui entrambi avevano volato, o solo bramato di farlo, sconfitto la morte, o solo sognato altrettanto.
Cambiato il mondo, ovvero il regno, ma nel loro caso avendolo fatto davvero.
Tormentando e massacrando umanità.
L’unico vero atto contro natura.
Il 17 maggio si celebra la Giornata internazionale contro l'omofobia, la bifobia e la transfobia.
C’era una volta un regno.
Essendo un regno, a capo di quest’ultimo, c’era un re.
Un re che aveva preso molto sul serio l’essere un re.
Diciamo pure moltissimo.
Infinitamente tanto.
Il re che aveva preso molto sul serio se stesso, diciamo pure moltissimamente tanto, decise un giorno di mettere la parola fine.
A che cosa, direte voi.
Ebbene, il sovrano non ne poteva più di tutto questo permissivista relativismo con l’ossessione per la deriva morale e la trasgressione lussuriosa, ecco.
Era il re e il regno è del re, fino a prova contraria, questo pensò guardandosi allo specchio quel mattino.
Così, fece un editto.
Qualunque cittadino venisse sorpreso nel compiere atti contro natura sarebbe stato giustiziato all’istante.
Il sommo giudice del regno, che era un tipo pignolo e integerrimo, casa tribunale casa, si impegnò a far rispettare l’editto in sei giorni.
Alla lettera.
Quello che seguì fu un vero genocidio.
Il primo giorno furono sterminati tutti gli aviatori e ciascun paracadutista, le hostess e gli steward, i piloti di aeromobili di ogni sorta e gli astronauti, quelli che si dilettavano con il deltaplano e anche quelli che preferivano mongolfiere e dirigibili ai velivoli a motore.
Perché gli umani non sono creature volatili.
Perché volare è contro natura.
Il secondo giorno vennero trucidati tutti gli atleti più incredibili, ovvero coloro che, a qualsiasi specialità si dedicassero, si erano distinti in record e primati mondiali.
Perché laddove l’uomo si arroghi il presunto diritto di superare l’umano confine.
Vuol dire che sta osando combattere contro la propria stessa natura.
Il terzo giorno furono ammazzati tutti gli artisti, qualunque fosse la disciplina con cui amassero esprimersi.
Narratori e poetesse, danzatrici e cantautori, pittori e perfino virtuose del graffito, ciascuna anima votata alla nobile invenzione fu spazzata via.
Perché l’arte è vita.
E perché creare vita non è roba da mortali.
Quindi estremamente contro natura.
Il quarto giorno toccò ai sognatori ad occhi aperti di venire assassinati, perlomeno quelli che erano sopravvissuti alle precedenti uccisioni.
Perché natura vuole che si sogni ad occhi chiusi, al riparo del sonno.
E perché immaginare alternative all’umana realtà, addirittura cambiando scenari, protagonisti ed esito della storia, è pericoloso.
Si finisce di voler cambiare troppo.
Con il rischio di smettere di sognare e pensare di cambiarlo davvero.
Il mondo.
Questo è un privilegio degli dei.
Ergo, contro natura.
Il quinto giorno fu il più difficile tra tutti, perché il sommo giudice si convinse che, seguendo la logica del suo stesso fare, avrebbe dovuto uccidere tutti i bambini.
Perché ciascuno di loro si macchiava di ogni peccato precedente.
Perché tutti i bambini desiderano volare e correre come il vento, creare il mondo che più li renda felici ammirandolo con occhi perennemente sognanti.
I bambini sono quindi contro natura.
Il sesto giorno, con le mani grondanti sangue dopo aver soppresso tutto il popolo, il giudice si recò dal re.
“Hai fatto quello che ti ho ordinato?” chiese il sovrano.
“Sì, mio re, ho quasi terminato.”
“E cosa ti manca?”
Il giudice uccise il re.
E poi si tolse la vita.
Perché si rammentò che c’era stato un tempo.
In cui entrambi avevano volato, o solo bramato di farlo, sconfitto la morte, o solo sognato altrettanto.
Cambiato il mondo, ovvero il regno, ma nel loro caso avendolo fatto davvero.
Tormentando e massacrando umanità.
L’unico vero atto contro natura.
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