Storie di donne ibernate: il risveglio
Storie e Notizie N. 1215
Leggo che Matheryn Naovaratpong, una bimba thailandese di due anni, dichiarata morta a gennaio a causa di un tumore incurabile al cervello, è la persona più giovane della storia ad essere ibernata.
Con la speranza che al suo risveglio, l’umanità abbia scoperto non solo il modo di riportarla in vita, ma anche la cura per guarirla definitivamente.
Ah, che grande scommessa la speranza nell’umanità…
C’era una volta una sognatrice.
Una di quelle testarde.
Di masochistica dedizione nel puntare sempre tutto sul finale a sorpresa.
Il colpo di scena, virtuosismo della sceneggiatura o goffo deus ex machina che fosse, per lei l’importante era la svolta.
L’insperata svolta, che diviene sberleffo sul volto dei cinici borbottatori di professione.
Allora fanno bene le storie improbabili e le messe in scena inverosimili.
Allora focolai di possibilità erano davvero sopravvissuti al temporale dell’utopia peggiore.
Quella che arrivi a convincersi di essere davvero, solo un’utopia.
Allora avevamo ragione noi.
Allora…
Affermazioni bramate, queste, sensate solo nel regno delle personali aspirazioni della nostra protagonista, la quale, riuscì ad attraversare le impervie del tempo che divora tutto, figuriamoci le vane illusioni, al punto da giungere sull’ultima casella con un ennesimo desiderio.
Ibernatemi.
Ricopritemi di gelo, tanto lo conosco bene, l’ho incontrato ogni giorno senza ricambiare mai il saluto.
Senza abituarmi a lui.
Ibernatemi e destatemi quando il mondo sarà davvero cambiato.
So che accadrà.
Passò un secolo e la donna venne risvegliata.
“Allora?”
“Il mondo è cambiato”, dissero gli scienziati.
“Tutto?”
“No… ci sarebbe ancora un paese dove ci sono persone che si sentono in diritto di dire al prossimo in cosa devono credere.”
“Ah sì? Allora, ibernatemi di nuovo.”
Passò un altro secolo.
“Eccomi qua,” esclamò la donna. “Ci sono novità?”
“Il mondo è proprio cambiato”, dissero gli scienziati. Altri, ovviamente, perché i primi erano morti.
“Tutto tutto?”
“Non tutto, ecco… c’è ancora un paese dove in molti sono convinti di poter definire l’orientamento sessuale del prossimo.”
“Non mi basta, ibernatemi.”
Se ne andò un altro secolo ancora.
“Rieccomi”, disse la donna. “Che mi dite?”
“Il mondo è cambiato”, dissero gli scienziati, che poi erano dei robot, perché altrimenti che cavolo ci hanno raccontato fino ad oggi gli scrittori di fantascienza?
“Tutto il mondo?”
“Quasi”, risposero i robot, “c’è ancora un paese che non ha ancora chiara la differenza tra chi lotti per la libertà di tutti e chi per difendere il presunto diritto di privare il prossimo di quella stessa libertà.”
“Non ci sto, ibernatemi subito.”
Trascorsero altri secoli e ogni volta che la nostra sognatrice si svegliasse per chiedere se il mondo fosse finalmente cambiato, gli scienziati, robot o meno, rispondevano sempre nel medesimo modo: il mondo è cambiato, ma c’è ancora un paese…
Finché la donna sbottò: “Scusate, avrei una proposta: invece della sottoscritta, non si potrebbero ibernare gli abitanti di quel paese?”
Mica tutti, eh?
Solo alcuni...
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Leggo che Matheryn Naovaratpong, una bimba thailandese di due anni, dichiarata morta a gennaio a causa di un tumore incurabile al cervello, è la persona più giovane della storia ad essere ibernata.
Con la speranza che al suo risveglio, l’umanità abbia scoperto non solo il modo di riportarla in vita, ma anche la cura per guarirla definitivamente.
Ah, che grande scommessa la speranza nell’umanità…
C’era una volta una sognatrice.
Di masochistica dedizione nel puntare sempre tutto sul finale a sorpresa.
Il colpo di scena, virtuosismo della sceneggiatura o goffo deus ex machina che fosse, per lei l’importante era la svolta.
L’insperata svolta, che diviene sberleffo sul volto dei cinici borbottatori di professione.
Allora fanno bene le storie improbabili e le messe in scena inverosimili.
Allora focolai di possibilità erano davvero sopravvissuti al temporale dell’utopia peggiore.
Quella che arrivi a convincersi di essere davvero, solo un’utopia.
Allora avevamo ragione noi.
Allora…
Affermazioni bramate, queste, sensate solo nel regno delle personali aspirazioni della nostra protagonista, la quale, riuscì ad attraversare le impervie del tempo che divora tutto, figuriamoci le vane illusioni, al punto da giungere sull’ultima casella con un ennesimo desiderio.
Ibernatemi.
Ricopritemi di gelo, tanto lo conosco bene, l’ho incontrato ogni giorno senza ricambiare mai il saluto.
Senza abituarmi a lui.
Ibernatemi e destatemi quando il mondo sarà davvero cambiato.
So che accadrà.
Passò un secolo e la donna venne risvegliata.
“Allora?”
“Il mondo è cambiato”, dissero gli scienziati.
“Tutto?”
“No… ci sarebbe ancora un paese dove ci sono persone che si sentono in diritto di dire al prossimo in cosa devono credere.”
“Ah sì? Allora, ibernatemi di nuovo.”
Passò un altro secolo.
“Eccomi qua,” esclamò la donna. “Ci sono novità?”
“Il mondo è proprio cambiato”, dissero gli scienziati. Altri, ovviamente, perché i primi erano morti.
“Tutto tutto?”
“Non tutto, ecco… c’è ancora un paese dove in molti sono convinti di poter definire l’orientamento sessuale del prossimo.”
“Non mi basta, ibernatemi.”
Se ne andò un altro secolo ancora.
“Rieccomi”, disse la donna. “Che mi dite?”
“Il mondo è cambiato”, dissero gli scienziati, che poi erano dei robot, perché altrimenti che cavolo ci hanno raccontato fino ad oggi gli scrittori di fantascienza?
“Tutto il mondo?”
“Quasi”, risposero i robot, “c’è ancora un paese che non ha ancora chiara la differenza tra chi lotti per la libertà di tutti e chi per difendere il presunto diritto di privare il prossimo di quella stessa libertà.”
“Non ci sto, ibernatemi subito.”
Trascorsero altri secoli e ogni volta che la nostra sognatrice si svegliasse per chiedere se il mondo fosse finalmente cambiato, gli scienziati, robot o meno, rispondevano sempre nel medesimo modo: il mondo è cambiato, ma c’è ancora un paese…
Finché la donna sbottò: “Scusate, avrei una proposta: invece della sottoscritta, non si potrebbero ibernare gli abitanti di quel paese?”
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