Carabiniere spara 'accidentalmente' a Napoli: avverbio mortale
Storie e Notizie N. 1130
Accidentalmente.
Avverbio mortale.
Selettivo, direi.
Cinicamente tale, a dirla tutta.
Accidentalmente non si abbraccia qualcuno.
Vi sono troppi valori da valutare e pesi da soppesare.
Ci vuole tempo, tanto.
E altrettanto accidentalmente non si stringe la mano.
Il gesto va maturato, conta il contesto, le ragioni dell’incontro.
E ammettiamolo, fa la differenza l’abito quanto la pelle del braccio.
Per qualità e colore.
Accidentalmente non si usa rispetto per il minimo tra i diritti umani.
E’ la conseguenza di una pratica quotidiana, coltivata nei piccoli istanti.
Soprattutto quelli che nessuno vede, altro che secchiate gelate rigorosamente pop.
E sempre accidentalmente non si diventa empatici verso la sofferenza altrui.
E’ dono innato nelle rare creature meravigliose e faticoso, assai faticoso per le fragili persone normali, altro che eroi.
Ma che forse un po’ lo sono, anche se per fuggevoli attimi.
Accidentalmente non si ama, è scritto ovunque, tra il sacro e il profano.
E’ destino, colpo di fulmine o botta di culo, fate voi.
Non può essere un caso.
Anzi, non deve esserlo, altrimenti vince la paura.
Che tutto finisca.
Magari su una strada, a bordo di uno scooter, con appena un pugno di anni sulle spalle.
E ancora accidentalmente non si nasce, quasi come per l’amore.
Perché ogni esistenza deve avere un senso nel quadro generale.
Non della creazione o altre sacralità.
Il posto nella storia, per buona sorte, c’è per tutti a prescindere da chi si arroghi il diritto di esserne l’autore.
A meno che non si metta di traverso l’avverbio maledetto.
Perché accidentalmente uccide.
Perché, mistero dei misteri, accidentalmente le pistole sparano.
E qualcuno accidentalmente muore.
Un ragazzo di 17 anni.
Nonostante tutto quel che era prima di esalare l’ultimo respiro fosse qualcosa di infinitamente più prezioso di un avverbio.
Una vita.
Accidentalmente.
Avverbio mortale.
Selettivo, direi.
Cinicamente tale, a dirla tutta.
Accidentalmente non si abbraccia qualcuno.
Vi sono troppi valori da valutare e pesi da soppesare.
Ci vuole tempo, tanto.
E altrettanto accidentalmente non si stringe la mano.
Il gesto va maturato, conta il contesto, le ragioni dell’incontro.
E ammettiamolo, fa la differenza l’abito quanto la pelle del braccio.
Per qualità e colore.
Accidentalmente non si usa rispetto per il minimo tra i diritti umani.
E’ la conseguenza di una pratica quotidiana, coltivata nei piccoli istanti.
Soprattutto quelli che nessuno vede, altro che secchiate gelate rigorosamente pop.
E sempre accidentalmente non si diventa empatici verso la sofferenza altrui.
E’ dono innato nelle rare creature meravigliose e faticoso, assai faticoso per le fragili persone normali, altro che eroi.
Ma che forse un po’ lo sono, anche se per fuggevoli attimi.
Accidentalmente non si ama, è scritto ovunque, tra il sacro e il profano.
E’ destino, colpo di fulmine o botta di culo, fate voi.
Non può essere un caso.
Anzi, non deve esserlo, altrimenti vince la paura.
Che tutto finisca.
Magari su una strada, a bordo di uno scooter, con appena un pugno di anni sulle spalle.
E ancora accidentalmente non si nasce, quasi come per l’amore.
Perché ogni esistenza deve avere un senso nel quadro generale.
Non della creazione o altre sacralità.
Il posto nella storia, per buona sorte, c’è per tutti a prescindere da chi si arroghi il diritto di esserne l’autore.
A meno che non si metta di traverso l’avverbio maledetto.
Perché accidentalmente uccide.
Perché, mistero dei misteri, accidentalmente le pistole sparano.
E qualcuno accidentalmente muore.
Un ragazzo di 17 anni.
Nonostante tutto quel che era prima di esalare l’ultimo respiro fosse qualcosa di infinitamente più prezioso di un avverbio.
Una vita.