Storie sull'amicizia: Finale dei perdenti

Storie e Notizie N. 1119


Ebbene sì, non siamo noi i vincitori.
E forse non lo saremo mai.
Nessuna lamentela o protesta.
Perché non ci vedrete mai aggredire l’avversario a gioco fermo.
O inveire contro l’arbitro per una più o meno presunta svista.
Non è, come dire, nel nostro stile.
Io lo so bene ed è facile per me.
Gioco in porta.
Ed è un vero privilegio, lo so.
Vedo tutto, da dove mi trovo.
La partita che si infiamma e la palla che fugge.
Gli occhi che gioiscono e quelli che soffrono.
Leggi pure come la perenne alternanza della più diffusa malattia al mondo.
In breve, tifo.

A destra e a manca ecco i terzini di fascia versione moderna.
Veri elastici umani, sotto forma di due meravigliosi viaggi, di quelli che devi almeno fare almeno una volta nella vita.
Quelli che ti portano in fondo, lì dove finisce il campo, per capire cosa nasconde l’orizzonte del prato verde.
Ma che ti costringono a tornare indietro, esattamente dove eri partito, per dimostrare che ci sei stato davvero, laggiù.
E soprattutto per non lasciare la porta incustodita, ecco.
Per fortuna che non rimarrei da solo.
Ah, cosa farei senza i due centrali di difesa.
Le torri gemelle che nessun odio o paura al mondo può scalfire, figuriamoci abbattere.
Si ergono con incredibile o forse un po’ incosciente coraggio per proteggere il risultato e forse molto di più.
Anzi, senza forse.
C’è qualcosa di molto più importante dell’esito di un match.
E’ nascosto alla fine di una strada estremamente più lunga di novanta minuti.
L’unico vero arcobaleno che ci meritiamo tutti noi.
Una vita lunga e serena.
Ma saliamo a centrocampo e ammiriamo loro, adesso.

I tre moschettieri dallo scarpino più affilato di una semplice spada.
Perché con quest’ultima al meglio puoi affondare il colpo.
Ma di certo non puoi, nello stesso tempo, danzare con grazia sulle punte e percuotere l’incolpevole pallone con indicibile furia.
E senza dare alcuno spazio al riposo, caricandosi sulle spalle tutti noi.
Aiutandoci alla bisogna.
Trasformandosi in muraglia se il pericolo lo richiede.
E predatori se l’occasione è propizia.
Ma il merito chi se lo prende, alla fine di tutto?
Sempre loro.
Il trio delle meraviglie, sotto forma di un volatile che ruba lo sguardo con vanità e orgoglio.

Becco e ali, punta ed esterni alti, centravanti e tornanti.
Che non tornano quasi mai, ammettiamolo.
Nondimeno, sanno farsi perdonare.
E quando ciò accade tutto si dimentica.
Perché stiamo già gridando a squarciagola.
Evvai, gol, rete!
Eppure, nonostante cotanta squadra, noi si perde.
Ogni volta che si gioca, senza eccezioni.
Tuttavia, credetemi.
Non è poi così importante, per noi, la vittoria finale.
Dateci la possibilità di giocare.
E vedrete che saremo felici.
Come se avessimo vinto.
La coppa del mondo.

E’ uscito il nuovo libro, Roba da bambini, Tempesta Editore.

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