Buu razzisti significato: preghiera dal Senegal

Nuova storia (senza notizia) del martedì, pubblicata anni addietro sulla rivista Carta.

Kédougou, dal Senegal, preoccupato per il figlio di nove anni, invia una preghiera al suo, di papà, scomparso da tempo ma sempre presente nei suoi pensieri.

Caro papà,
ieri sera è successa una cosa. Il mio Macky, tuo nipote, come sai gioca da attaccante ed è tornato a casa prima del solito con il pallone sotto braccio, pieno di collera. “Cosa è stato?” ho chiesto. Non ha risposto. Gli ho domandato di nuovo cosa fosse accaduto ed è esploso: “Non ne posso più. Tutte le volte che la palla finisce a me i tifosi avversari fanno buu e ululano per farmi innervosire.”
Devi sapere che mio figlio ha un dribbling e una tecnica straordinari.
“Perché lo fanno? Perché non mi lasciano giocare?” si sfogava.
Questo è quel che mi sono sentito di dirgli: “Ti potrei raccontare che lo fanno perché hanno paura di te, perché sei bravo, perché sanno che ti arrabbi e così non giochi più bene. Ti potrei spiegare che sono solo dei tifosi che tengono alla loro squadra. Ma questa sarebbe solo una piccola parte della verità, piccolissima.”
“E qual è quella grande?” mi ha domandato. “Quale è il vero motivo?”
“Il vero motivo è che tu giochi e loro stanno solo a guardare. Tu stai vivendo il tuo sogno e loro stanno solo a guardare. Tu sei riuscito a fuggire dalla tua miseria e loro stanno solo a guardare. Tu vivi la tua vita e loro stanno solo a guardare.”
Dopo qualche istante, mio figlio ha abbassato il capo e ha detto: “Mi dispiace per loro.”
Ed ecco la mia vera preghiera: Macky può diventare un calciatore famoso e ricco. Vorrei che fosse comprato da una squadra europea. Ma ti prego, aiutami a farlo crescere come uomo. Perché se non dovesse farcela a sfondare e si fa abbattere per così poco, come potrà affrontare la reali difficoltà della vita?
 



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