Storie sulla diversità: Nelson Mandela morto, il discorso

Storie e Notizie N. 958

Nelsol Mandela (18 luglio 1918-5 dicembre 2014).
Il seguente video è di Mercoledì 3 Luglio 2013...

Il video:



Mandela sta morendo.
Oramai i giornali fungono da bollettino medico delle sue forse ultime ore, collegato ad un respiratore artificiale.
Il tutto va in scena prima della notizia finale, della quale tutti i media avranno già pronto il testo, il cosiddetto coccodrillo, con il quale celebreranno in coro l’ormai inevitabile lutto.
Quando si diffonderà il triste necrologio non scriverò alcunché.
Vorrei dire qualcosa adesso, quando Madiba è ancora in vita.
Perché, a mio modesto parere, quando un uomo come lui sta morendo è la vita e non la morte a dover essere al centro di tutto.
Non solo la sua.

Quando muore un leader.
Quando muore un leader è sempre un giorno triste.
Per i suoi cari, è ovvio.
Familiari sinceri e veri amici, il cui dolore è e dovrebbe essere in cima al mondo.
Ma non solo.

Perché quando muore un leader, in quello stesso mondo un vuoto viene alla luce.
Un buco nero, una voragine, ampia quanto era la luce dell’uomo che egli fu.
Nel cuore e negli occhi di coloro che come tale lo seguivano.
Il leader.
Sempre se di vero leader si tratti, e non imbroglione da discesa in campo ad orologeria.
La morte di quest’ultimo lascia invece un vuoto benedetto nella vergogna di tutti.
Seguaci o meno.

Quando muore un leader e anche Nobel per la pace le parole scorrono a fiumi.
Le immagini, i filmati, l’ultima intervista.
L’ultima apparizione.
L’ultimo respiro.
Sbrigati, facciamo uscire l’articolo, il libro, il film.
Cosa? L’hanno già fatto? Rimandalo in onda, rimettilo in prima serata.
Non perdiamo tempo.
Già il tempo.

Perché quando muore un leader e anche Nobel per la pace vuol dire che il suo tempo è terminato.
Un tempo fatto di minuti che sfilano uno dopo l’altro, come in un corteo funebre.
O in una manifestazione in piazza, che pulsa di vitale energia.
Di sacra protesta contro gli abusi peggiori, quelli legalizzati.
Prendete ora un minuto a caso.
Questo minuto e immaginate che quel leader e Nobel per la pace sia ancora vivo.

Figuratevi adesso un giovane di ventidue anni, che decide di mettere a rischio la cosa più preziosa che ha per le sue idee.
La propria stessa vita.
E mettiamo che ripeta tale scelta un’infinità di volte, affrontando con immutato coraggio il rischio peggiore, facendola diventare stile di vita.
Lottare per i propri diritti a costo di quest’ultima.
E se vi dicessi che questo giovane non è il leader e anche Nobel per la pace?
Se vi dicessi che quest’ultimo quel giovane lo è stato e lo sarà sino alla morte, ma che in questo preciso attimo ne esistano altri come lui?
Soli, emarginati, discriminati, eppur indomiti?

Scrivete pure inni e omaggi all’uomo che se ne va.
Ma se vi resta un briciolo di tempo, sfruttatelo per dare una mano a quel ragazzo.
Vive e lotta più vicino di quanto possiate credere.