Storie sull'ambiente: la profezia di Piero
Storie e Notizie N. 935
Secondo i 500 esperti che dal 21 al 24 maggio si sono incontrati a Bonn, in Germania, durante il convegno internazionale dal titolo Acqua nell’Antropocene: sfide per la scienza e il governo (Water in the Anthropocene: Challenges for Science and Governance), entro due generazioni l’acqua dolce non sarà più sufficiente per tutti.
Piero ha undici anni.
Ovvero, lo è ancora, ma lo è molto meno di quanto i grandi possano immaginare.
“Papà”, fa seduto sul divano con in mano la rivista aperta proprio sull’articolo che riporta la suddetta amara predizione, “dobbiamo impegnarci a sprecare meno acqua…”
“Certo, hai ragione”, risponde il genitore senza guardarlo, intento a vivere il consueto rito domenicale, dicesi partita del campionato di calcio.
Piero vorrebbe più attenzione e insiste: “Papà, se continuiamo così tra due generazioni moriremo di sete.”
“Davvero?” fa l’uomo mantenendo lo sguardo incollato allo schermo. “Un disastro. Per fortuna tra due generazioni non ci saremo più.”
“Parla per te”, sembra dire il gatto che segue la scena acciambellato in terra, ma con sguardo vigile.
“Papà, ma non è questo il punto. Io potrò avere dei figli, si parla dei tuoi nipoti…”
“Prima falli, questi nipoti, e poi ne riparliamo, adesso però fammi vedere la… eh no, ma sei una schiappa, sei! Ma come si fa? Da solo davanti alla porta…”
Difficile seguire l’azione decisiva del proprio beniamino e al contempo le parole del proprio figlio, per chi ha un solo cervello a cui affidarsi.
Almeno sulla carta.
“Sì, papà, ma non ci siamo solo noi e i nostri nipoti”, prosegue con tenacia Piero, “c’è tutta l’umanità, gli animali, le piante. Se finisce l’acqua muore tutta la terra…”
“Ma chi lo dice?” ribatte il padre senza mollare neanche per una frazione di secondo il cruciale match. “La maestra? Te l’ho detto che le maestre non sono mica infallibili.”
“Non l’ha detto la maestra.”
“E’ stata mamma? Lo sai che tua madre è facilmente impressionabile…”
Una notevole abbaiata del cane, che si trova in cucina in attesa che l’interessata finisca di preparagli il pappone, sembra dire: “Ha parlato cuor di leone.”
Il fatto è che l’animale non ha mai dimenticato il salto che ha fatto il padre di Piero allorché gli aveva fatto sentire per la prima volta la propria voce baritonale.
Ma questa è un’altra storia.
“No, papà”, taglia la testa al classico toro il figlio, “non è stata mamma. Lo dicono gli esperti.”
“See”, minimizza il genitore concentrato sul calcio d’angolo imminente nell’area avversaria, “e chi saranno mai questi esperti?”
“Sono cinquecento, papà, se lo dicono in così tanti che l’acqua sta finendo…”
“Rigore!” strilla l’uomo balzando in piedi agitato innanzi all’arbitro che con il fischietto altrettanto urlante tra le labbra corre verso il dischetto nemico. “Calcio di rigore, evvai.”
Piero è alquanto irritato dalla scarsa attenzione del padre e con la fronte aggrottata lo fissa mentre in piedi attende trepidante l’esito del decisivo tiro.
Capirete, mancano due minuti alla fine della partita.
Il prescelto per il fatidico calcio sistema il pallone, una goccia di sudore imperla la fronte del genitore tifoso, il calciatore prende la rincorsa e un attimo prima che lo scarpino colpisca la sfera le parole di Piero fanno il gol che conta: “Se non ti preoccuperai di risparmiare l’acqua la palla andrà fuori.”
Un boato fugge dalle casse ai lati dello schermo, ma non è la colonna sonora di un tripudio, bensì del suo esatto opposto, grande quanto l’eccezionalità dell’evento.
Perché mai un rigore è stato tirato così lontano dalla porta a cui era destinato.
Il padre di Piero si volta finalmente verso il figlio con gli occhi sgranati e il cuore incastrato nella giugulare.
“Ti prendo un bicchiere d’acqua, papà?” chiede il figlio sorridente.
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