Papa nero profezia Nostradamus: testo lettera di Ahmad
Storie e Notizie N. 865
12 febbraio 2013
Kenya, Campo rifugiati di Dadaab
Cari Cardinali del Conclave,
mi chiamo Ahmad, vengo dal Sudan e ho nove anni. So da dove vengo ma non ho la più pallida idea di dove andrò domani e ogni giorno successivo.
Normale, direte voi. Sono giovane, molto giovane e l’incertezza del futuro è o dovrebbe essere una condizione scontata per me.
Tuttavia, una cosa è l’incertezza e ben altra l’utopia.
Ma non voglio star qui ad impietosirvi con le mie necessità, sebbene siano di natura prettamente elementare, come nutrirmi e dissetarmi.
Anzi, vorrei dirvi che la notizia che ho letto oggi mi ha reso particolarmente felice.
Riguarda l’elezione del nuovo papa.
Oh, sia ben chiaro, non mi rallegro affatto delle dimissioni di Benedetto XVI, non è proprio nel mio stile. La sorte è stata con il sottoscritto talmente arida di compassione, nella mia seppur breve esistenza, che ho maturato sin da subito una spontanea propensione a far mie le sofferenze del prossimo, ad offrire solidarietà a quest’ultimo senza se e senza ma, consapevole che solo ricevendo lo stesso trattamento a mia volta avrò qualche possibilità di sopravvivere.
Tornando all’elezione del nuovo papa la mia gioia dipende dall’apprendere che i bookmaker scommettono sull’eventualità che sia nero.
A riprova di ciò pare ci sia anche una profezia di Nostradamus.
Ecco, so bene che ci sono in giro già i nomi papabili, aggettivo quanto mai opportuno, come l’arcivescovo Francis Arinze e il cardinale Peter Turkson.
Ciò nonostante vi chiedo di prendere in considerazione un’altra strada.
Posso? Posso osare? Ebbene, sono qui, con questa mia, ad offrirvi ufficialmente la mia candidatura.
Io, Ahmad del Sudan, residente nel campo di Dadaab, propongo me stesso quale prossimo pontefice. Potrete chiamarmi come volete, eh? Papa Ahmad andrà benissimo, ma anche quei lunghi nomi in latino con il numero, pure Benedetto XVII, se preferite, per rendere omaggio al mio predecessore.
Ora, so bene che vi siano ostacoli a dir poco insormontabili contro questa mia richiesta, tuttavia, provate a riflettere per un istante.
Solo per un attimo, giusto il poco tempo prima di gettare la mia lettera nel cestino e tornare alle cose serie , e provate a considerare quegli stessi ostacoli come i miei punti di forza.
Primo, la mia giovanissima età. Ci pensate? Sarebbe un cambiamento straordinario. Un papa bambino, cercate di immaginarvelo. Figuratevi quanta gente, quante persone, da ogni parte del mondo, accorrerebbero per ascoltare il mio messaggio, i miei sogni, la mia leggerezza, la mia fantasia e soprattutto la mia intatta semplicità.
In fondo, il vostro Gesù non ha iniziato il suo cammino da bambino? Non è così che facciamo tutti, del resto?
Secondo, il fatto che non sono un cardinale, anzi, non sono neanche un prete. Eh, certo, ho nove anni. Ma è proprio questo il vero valore aggiunto. Io sono uno come tanti, uno come tutti, lì a testimoniare che la chiesa è tutti dal punto più alto di quest’ultima a scendere.
Anzi, con me non avrebbe proprio bisogno di scendere.
E poi sono povero e affamato, piccolo e ultimo del mondo. Cosa c’è di più cristiano in questo?
Prima di lasciarvi, vorrei invitarvi a non prendermi per un inguaribile ingenuo. So bene che questa mia proposta non sarà presa in considerazione neanche per una frazione di secondo.
Tuttavia, sono sempre felice.
Sono felice al solo pensiero che quest’idea possa entrare nelle vostre menti, sebbene per un fuggevole passaggio.
L’idea di un papa nero bambino del campo di rifugiati di Dadaab.
Non sarebbe un indiscutibile e meraviglioso miracolo?
Leggi altre storie di bambini
12 febbraio 2013
Kenya, Campo rifugiati di Dadaab
Cari Cardinali del Conclave,
Normale, direte voi. Sono giovane, molto giovane e l’incertezza del futuro è o dovrebbe essere una condizione scontata per me.
Tuttavia, una cosa è l’incertezza e ben altra l’utopia.
Ma non voglio star qui ad impietosirvi con le mie necessità, sebbene siano di natura prettamente elementare, come nutrirmi e dissetarmi.
Anzi, vorrei dirvi che la notizia che ho letto oggi mi ha reso particolarmente felice.
Riguarda l’elezione del nuovo papa.
Oh, sia ben chiaro, non mi rallegro affatto delle dimissioni di Benedetto XVI, non è proprio nel mio stile. La sorte è stata con il sottoscritto talmente arida di compassione, nella mia seppur breve esistenza, che ho maturato sin da subito una spontanea propensione a far mie le sofferenze del prossimo, ad offrire solidarietà a quest’ultimo senza se e senza ma, consapevole che solo ricevendo lo stesso trattamento a mia volta avrò qualche possibilità di sopravvivere.
Tornando all’elezione del nuovo papa la mia gioia dipende dall’apprendere che i bookmaker scommettono sull’eventualità che sia nero.
A riprova di ciò pare ci sia anche una profezia di Nostradamus.
Ecco, so bene che ci sono in giro già i nomi papabili, aggettivo quanto mai opportuno, come l’arcivescovo Francis Arinze e il cardinale Peter Turkson.
Ciò nonostante vi chiedo di prendere in considerazione un’altra strada.
Posso? Posso osare? Ebbene, sono qui, con questa mia, ad offrirvi ufficialmente la mia candidatura.
Io, Ahmad del Sudan, residente nel campo di Dadaab, propongo me stesso quale prossimo pontefice. Potrete chiamarmi come volete, eh? Papa Ahmad andrà benissimo, ma anche quei lunghi nomi in latino con il numero, pure Benedetto XVII, se preferite, per rendere omaggio al mio predecessore.
Ora, so bene che vi siano ostacoli a dir poco insormontabili contro questa mia richiesta, tuttavia, provate a riflettere per un istante.
Solo per un attimo, giusto il poco tempo prima di gettare la mia lettera nel cestino e tornare alle cose serie , e provate a considerare quegli stessi ostacoli come i miei punti di forza.
Primo, la mia giovanissima età. Ci pensate? Sarebbe un cambiamento straordinario. Un papa bambino, cercate di immaginarvelo. Figuratevi quanta gente, quante persone, da ogni parte del mondo, accorrerebbero per ascoltare il mio messaggio, i miei sogni, la mia leggerezza, la mia fantasia e soprattutto la mia intatta semplicità.
In fondo, il vostro Gesù non ha iniziato il suo cammino da bambino? Non è così che facciamo tutti, del resto?
Secondo, il fatto che non sono un cardinale, anzi, non sono neanche un prete. Eh, certo, ho nove anni. Ma è proprio questo il vero valore aggiunto. Io sono uno come tanti, uno come tutti, lì a testimoniare che la chiesa è tutti dal punto più alto di quest’ultima a scendere.
Anzi, con me non avrebbe proprio bisogno di scendere.
E poi sono povero e affamato, piccolo e ultimo del mondo. Cosa c’è di più cristiano in questo?
Prima di lasciarvi, vorrei invitarvi a non prendermi per un inguaribile ingenuo. So bene che questa mia proposta non sarà presa in considerazione neanche per una frazione di secondo.
Tuttavia, sono sempre felice.
Sono felice al solo pensiero che quest’idea possa entrare nelle vostre menti, sebbene per un fuggevole passaggio.
L’idea di un papa nero bambino del campo di rifugiati di Dadaab.
Non sarebbe un indiscutibile e meraviglioso miracolo?
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