Storie di animali e delfini
Storie e Notizie N. 850
Nel mare capita di tutto.
Ah, se i pesci potessero parlare, quante ne direbbero.
Sugli umani, a bizzeffe, per non parlare dei modi con i quali ci chiamano.
Gambe danzanti, gambe danzanti con trippa oscillante e quello lungo, strana creatura di superficie che si illude di poter nuotare come noi altri. Queste sono solo alcune delle definizioni che ci appioppano, laddove ci immergiamo più o meno seminudi.
Diverso è il caso dei sommozzatori.
Il soprannome in voga, inventato negli anni settanta da un granchio strafatto di polvere di corallo tagliata male, è lungo più o meno quanto il precedente, ma maggiormente elaborato: strana creatura senza branchie, ma respira, come cappero fa.
La storia di oggi riguarda un delfino, uno di quelli che sa ascoltare, ma che sa anche riflettere su ciò che le sue orecchie hanno carpito.
Per esempio aveva imparato che i sommozzatori, ovvero le strane creature senza branchie, ecc., si dividevano in due tipi: quelli con dente affilato volante e senza.
Il primo noto fuori dell’acqua con il nome di fiocina.
Un giorno, il nostro si ritrovò con la pinna pettorale impigliata in una fastidiosa quanto dolorosa alga aliena, alias lenza da pesca.
Per ore si sforzò di liberarsi di tale sgradito dono dei mostri terrestri, allorché vide all’orizzonte marino un gruppo di sub.
“Sono dei senza”, pensò liberando un deciso sospiro di sollievo dalle branchie.
E in quel preciso istante fece una scelta non poco coraggiosa.
Quella di fidarsi.
Quella di fidarsi di uno sconosciuto.
Quella di fidarsi di uno sconosciuto totalmente diverso da sé.
Quella di fidarsi di un uno sconosciuto totalmente diverso da sé che nel tempo gli avevano insegnato a temere.
Chiuse gli occhi, puntò verso i sommozzatori e accese i motori, raggiungendoli in pochi secondi.
Ne trascorsero altrettanti e una delle strane creature senza branchie, ma che respiravano, come cappero facevano, fece un’altra scelta non meno singolare di quella del delfino, perlomeno dal suo punto di vista.
Si avvicinò all’animale e, cercando di essere il più delicato possibile, lo liberò dalla lenza.
“Ma tu guarda”, pensò il delfino allontanandosi contento dopo aver salutato con la pinna il suo nuovo amico, “allora, forse, c’è qualche speranza per il mondo asciutto.”
Se solo ci fosse un po’ più di fiducia anche da quelle parti.
E speranza.
Leggi altre storie di animali.
Altre da leggere:
Nel mare capita di tutto.
Ah, se i pesci potessero parlare, quante ne direbbero.
Sugli umani, a bizzeffe, per non parlare dei modi con i quali ci chiamano.
Gambe danzanti, gambe danzanti con trippa oscillante e quello lungo, strana creatura di superficie che si illude di poter nuotare come noi altri. Queste sono solo alcune delle definizioni che ci appioppano, laddove ci immergiamo più o meno seminudi.
Diverso è il caso dei sommozzatori.
Il soprannome in voga, inventato negli anni settanta da un granchio strafatto di polvere di corallo tagliata male, è lungo più o meno quanto il precedente, ma maggiormente elaborato: strana creatura senza branchie, ma respira, come cappero fa.
La storia di oggi riguarda un delfino, uno di quelli che sa ascoltare, ma che sa anche riflettere su ciò che le sue orecchie hanno carpito.
Per esempio aveva imparato che i sommozzatori, ovvero le strane creature senza branchie, ecc., si dividevano in due tipi: quelli con dente affilato volante e senza.
Il primo noto fuori dell’acqua con il nome di fiocina.
Un giorno, il nostro si ritrovò con la pinna pettorale impigliata in una fastidiosa quanto dolorosa alga aliena, alias lenza da pesca.
“Sono dei senza”, pensò liberando un deciso sospiro di sollievo dalle branchie.
E in quel preciso istante fece una scelta non poco coraggiosa.
Quella di fidarsi.
Quella di fidarsi di uno sconosciuto.
Quella di fidarsi di uno sconosciuto totalmente diverso da sé.
Quella di fidarsi di un uno sconosciuto totalmente diverso da sé che nel tempo gli avevano insegnato a temere.
Ne trascorsero altrettanti e una delle strane creature senza branchie, ma che respiravano, come cappero facevano, fece un’altra scelta non meno singolare di quella del delfino, perlomeno dal suo punto di vista.
Si avvicinò all’animale e, cercando di essere il più delicato possibile, lo liberò dalla lenza.
“Ma tu guarda”, pensò il delfino allontanandosi contento dopo aver salutato con la pinna il suo nuovo amico, “allora, forse, c’è qualche speranza per il mondo asciutto.”
Se solo ci fosse un po’ più di fiducia anche da quelle parti.
E speranza.
Leggi altre storie di animali.