Storie sull'amicizia: Tetto del 30% per gli stranieri e per l’amore…
Storie e Notizie N. 94
La Storia:
C’era una volta una nave.
Sulla nave vi erano tante persone in viaggio.
Quasi tutte non riuscivano a smettere di fissare con preoccupazione il mare e soprattutto l’orizzonte.
Eppure, tra di loro vi era qualcuno che riusciva a sorridere e a giocare.
Si trattava di Hassan e Said.
I due avevano entrambi sei anni e si conoscevano sin dalla nascita.
Li chiamavano gli inseparabili e mai tale soprannome era stato più azzeccato.
Niente di particolarmente originale.
Si piacevano e si divertivano a giocare assieme, tutto qui.
E poi, i due caratteri si sposavano perfettamente.
Hassan era timido mentre Said era sfrontato.
Said era perennemente distratto e Hassan incredibilmente riflessivo.
Hassan era testardo quanto Said era incostante.
Tipico.
Venne il giorno in cui il mare finì e i nostri misero piede sulla terraferma, ovvero in Italia.
I due padri gli intimarono di non allontanarsi mai da loro perché in quel nuovo mondo sapevano che loro era tutto ciò che avevano.
Tuttavia, non v’era alcun bisogno di dirlo, poiché per Hassan e Said ciò era vero ancora prima di partire, figuriamoci così lontani da casa.
I mesi che seguirono furono molto duri e gli ostacoli che i due bambini e i papà affrontarono furono inenarrabili.
In quei momenti, i due genitori si pentirono un mare di volte di essere partiti, grande quanto quello che avevano messo tra loro e le rispettive mogli.
Eppure, anche in quei difficili attimi, Hassan e Said riuscivano a trovare il modo per sorridere e giocare.
È un dono della natura ai bambini.
Si chiama leggerezza e andrebbe protetto a ogni costo.
I due padri trovarono finalmente una casa.
Non erano i soli ad averla trovata.
La fortuna, come l’appartamento, era da dividere con altri dieci viaggiatori per la vita.
Così li chiamava nonna Karima gli uomini che partivano per l’Europa e ad Hassan e Said piaceva.
Sapeva di eroico e si sa, i bambini adorano gli eroi.
Nonostante l’esiguo spazio nell’abitazione, i nostri non si smentivano ed erano quasi sempre allegri.
Hassan aveva Said e Said aveva Hassan e ogni nemico poteva essere sconfitto con quel tesoro negli occhi.
Arrivò quindi il tempo della scuola.
Il primo giorno i padri erano molto nervosi, così come i figli.
Andare a scuola era qualcosa di straordinario, per la loro vita in viaggio.
Quella classe, con i banchi e la maestra, dove studiare e imparare, conoscere e capire, sapeva di approdo, di terraferma, enormemente di più che scendere dalla nave.
Questo sentivano i quattro mentre salivano le scale che portavano alle aule.
Ciò nonostante, anche quel giorno le espressioni sui loro volti furono secondo copione.
I due papà con le fronti aggrottate e la preoccupazione nel volto, e i nostri ancora una volta capaci di trovare la forza nel sorriso dell’altro.
Hassan e Said avevano compreso che anche la scuola, nonostante fosse un luogo costruito apposta per loro, poteva non essere affatto facile per entrambi.
Erano viaggiatori per la vita ma da quando erano giunti nel nostro Paese si erano accorti che per gli abitanti vi erano molti altri modi per chiamarli e nessuno di essi era gratificante come il primo.
Tuttavia, credo che ormai sia assodato quanto fosse invincibile per ciascuno dei due la presenza dell’altro.
Come un tetto sempre pronto a ripararti dalla pioggia e dal freddo.
Il destino, tuttavia, sa essere beffardo, poiché fu proprio un tetto a dividere i due.
“Mi dispiace”, disse la maestra facendo entrare il solo Hassan, “nella mia classe posso avere solo il trenta per cento di stranieri…”
Quindi chiuse la porta dell’aula.
Il padre di Said chiamò quest’ultimo, per condurlo alla sua classe ma questi non si era mosso ed era rimasto lì, immobile, con il ricordo degli occhi spaventati di Hassan fermo nei propri, mentre l’insegnante chiudeva l’uscio.
Il papà ripeté ancora il suo nome ma ormai era troppo tardi.
Said aprì la porta della classe e corse verso Hassan, il quale a sua volta aveva fatto la stessa cosa, inutilmente richiamato dalla maestra.
I due si abbracciarono sulla soglia, esattamente su quella riga tra l’interno dell’aula e il corridoio.
Qui non potete dividerci, sembravano dire con i loro corpi stretti, qui siamo di nuovo in mezzo tra la vostra terra e quella dei nostri padri, ancora in viaggio. Qui non valgono le vostre leggi e nemmeno le loro.
Qui conta solo l’amore…
La Notizia: Il tetto del 30% di alunni stranieri